Maurizio Gasparri ha se non altro un talento. Quello di essere fedelissimo a se stesso. Più ancora, all’idea che gli altri hanno di lui. Perfettamente sintetizzata da una battuta di Daniele Luttazzi: “Avete presente le porte dei supermercati che scorrono se ti ci metti davanti? Beh… Gasparri pensa che sia una coincidenza!”. Ostinatamente – e si presume involontariamente – caricaturale, al punto da elevare l’imitazione di Neri Marcorè ad agiografia, Gasparri è sbarcato su Twitter. Non se n’era accorto nessuno, men che meno lui. Per foto ha scelto uno scatto in cui sorride: molto sexy. Poco meno di 700 tweet, poco più di 6mila followers. E 94 following: da Alemanno a Cicchitto, da Lupi a Brunetta, da Belpietro a Pubblico.
Domenica Gasparri ha fatto arrabbiare molti utenti, che forse fino a quel momento vivevano su Marte e non sapevano chi era Gasparri. Né si erano accorti che l’arguto statista 56enne romano aveva già reagito analogamente alle critiche. Deluso per la sconfitta della “sua” Roma (le cattive notizie per Zeman non finiscono mai), sabato Gasparri si è sfogato. Su Twitter. Con giornalisti fidati (Franco Bechis, Paola Di Caro) e colleghi (Massimo Corsaro). Parole compulsive, che trasudano saggezza: “Visto Zeman ora in tv. Inquietante. Lunghe pause, sguardo fisso, parole ridicole. Avvisare i parenti”, “Ricoverare Zeman, licenziare Baldini, mandare gli americani nel ‘kansas city’ come diceva Mericoni #agendaroma” (i cognomi dei personaggi sgraditi, ovviamente, erano scritti in minuscolo). Qualcuno lo ha criticato. Tra questi, Francesco Filippini e Daniele Termite: “Anche di calcio non capisci un cazzo!!!!”. Se Gasparri conoscesse Twitter, e quindi se Gasparri non fosse Gasparri, avrebbe glissato. E niente polemiche. Facile. Troppo facile. Infatti, due giorni fa, Gasparri si è comportato in maniera opposta. Piccandosi. E puntando sul dirimente numero di followers. “…29, dura essere nullità, resisti, fattene una ragione”; “Seguito da 48, imbarazzante…”; “Con 48 non arrivi neanche all’angolo”; “Appunto. Non sei nessuno”. Ovviamente il presidente dei senatori Pdl è stato preso in giro da mezzo Web (più del solito, quantomeno).
È passato per rosicone. E il “nessuno” Daniele Termite, in due giorni, ha visto lievitare i followers – per “solidarietà” – da 48 a più di 1600. La reazione di Gasparri, e non solo di Gasparri (Alfano, Boccia), è sintomatica: il valore di una persona , per molti politici, si misura dai followers. Se ne hai tanti, puoi forse parlare. Se ne hai pochi, sei un pezzente. Siamo ancora al Marchese del Grillo: “Io ho i followers e tu no”. Al “chi ce l’ha più lungo”, o millanta di averlo. Anche nel 2008, quando lo criticavano dopo le elezioni, non è che Gasparri argomentasse: figurarsi. Si limitava a rispondere: “Noi abbiamo vinto e voi no” (gne gne). Nella sua reazione, per nulla inedita e ancor meno stupefacente, alligna il consueto mix di superomismo fantozziano, provvisorietà delle “reprimende” e sicumera sublimata: nulla di nuovo sotto il Fascio.
Al simpatico onorevole Gasparri giova però rivelare una piccola verità. Gli farà un po’ male, come nella canzone, ma così è (anche se non gli pare). Se il termometro del potere sono i followers, lui – per essere discretamente famoso – è quasi un poveraccio. Mario Sechi, per dire, ne ha 15 mila. Antonio Polito 14 mila. E Carlo Pistarino 18 mila. Chi di followers colpisce, si defollowa da solo. Un giorno lo capirà anche Gasparri. Forse.
Il Fatto Quotidiano, 2 ottobre 2012