La vicenda della nomina del Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale rischia di concludersi nel peggiore dei modi possibili, con una nomina non solo della politica – come previsto dalla legge – ma, addirittura, di natura “politica” e non tecnica.

Secondo quanto riferito dal Corriere delle Comunicazioni, infatti, il Governo, dopo aver faticosamente e con straordinario ritardo, provveduto – peraltro in modo a dir poco cialtronesco [n.d.r. sono decine gli errori di forma e sostanza che hanno accompagnato la pubblicazione del bando] – all’avvio della selezione per il Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, si avvierebbe, ora, ad assegnare la poltrona all’On. Linda Lanzillotta, navigata donna politica della sinistra italiana.

Il punto non è il merito della scelta e la persona di Linda Lanzillotta – competente e conoscitrice dei processi innovativi – ma il metodo.

L’avviso pubblico contiene un interminabile elenco di requisiti tecnico-professionali e di know how dei quali, i candidati alla carica di Direttore Generale dell’agenzia dovranno essere in possesso: oltre 3500 caratteri, con richieste che vanno dalla competenza in materia di gestione dei processi di innovazione in ambito pubblico e privato, a quella connessa all’elaborazione di regole tecniche e linee guida in materia di omogeneità dei linguaggi, delle procedure e degli standard, anche di tipo aperto, per la piena interoperabilità e cooperazione applicativa tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione.

Molti esperti, tecnici, professionisti, manager ed accademici in possesso dei requisiti di cui all’avviso, hanno inviato al Governo – che si è sin qui guardato bene dal darne adeguata pubblicità – i propri curricula e la propria dichiarazione di disponibilità a ricoprire l’incarico.

E poi? Oggi la notizia che il Governo si starebbe orientando verso la nomina politica di un politico che, probabilmente, non ha neppure trasmesso il proprio curriculum.

Sarebbe un’autentica e gravissima offesa da parte delle Istituzioni ai tanti che, nel rispetto delle regole, hanno diligentemente e silenziosamente sottoposto al Governo il proprio curricula ai fini di una valutazione tecnica.

Sarebbe uno scenario inaccettabile che imporrebbe l’immediata impugnazione della procedura di nomina.

Ma non basta.

Sempre stando a quanto riferito dal Corriere delle Comunicazioni, infatti, la scelta dell’On. Lanzillota sarebbe dettata dalla volontà di dare continuità a una carica sottoposta a spoil system [n.d.r. tutte le nomine effettuate dall’esecutivo dopo il 30 settembre decadono automaticamente a fine legislatura].

E’ una motivazione semplicemente ridicola.

Innanzitutto, infatti, avrebbe dovuto essere una preoccupazione del Governo sottrarre, per legge, allo spoil system il titolare di una carica per la quale la continuità, nei prossimi anni, è un fattore strategico ed irrinunciabile: nessuno, in un pugno di mesi, può organizzare i quattro enti che sin qui si sono occupati di innovazione pubblica in Italia ed avviare il processo di attuazione dell’agenda digitale.

E’ poi, semmai, vero il contrario: più il profilo del soggetto nominato a sedere sulla poltrona di Direttore Generale sarà “contaminato” dalla politica, più alto, inesorabilmente, sarà il rischio, che la sua permanenza su quella poltrona sia esposta al risultato delle ormai imminenti consultazioni elettorali.

E’ proprio per questo che l’incarico deve essere assegnato ad un tecnico super partes che non sia sponsorizzato da nessun politico in particolare e che non abbia mai indossato casacche politiche.

Tra qualche ora scadrà il termine per la presentazione delle domande, un istante dopo è indispensabile che il Governo proceda alla pubblicazione di tutte le candidature ricevute ed alla valutazione dei curricula, motivando, in modo puntuale, la propria scelta, scelta che appartiene, evidentemente, alla politica ma non può e non deve avere un carattere politico.

Se la scelta avesse natura politica e non tecnica, non solo la selezione sarebbe illegittima e suscettibile di essere travolta da una decisione dei giudici ma, soprattutto, il Direttore Generale dell’agenzia e con esso le politiche di innovazione e digitalizzazione del Paese, si ritroverebbero esposte al bello ed al cattivo tempo delle partigianerie politiche: l’agenzia riuscirebbe ad operare se il Governo che verrà ed il suo Direttore “indossassero la stessa casacca” e non ci riuscirebbe se “indossassero casacche di colori diversi”.

E’ esattamente ciò che non può e non deve accadere.

L’attuazione dell’agenda digitale italiana deve essere sottratta alla bagarre politico-partitica, ormai imminente nel contesto pre-elettorale nel quale ci troviamo a pena di condannare il Paese a fare a meno del proprio futuro.

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