A Milano ci sono abbastanza appartamenti vuoti da assorbire la crescita della città per i prossimi vent’anni. Non ci sarebbe bisogno di costruire una sola casa, se li si potesse mettere tutti a disposizione. Parola di Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia. Invece questa regione continua a crescere con ritmi di consumo del territorio che la avvicinano di più a realtà cinesi e giapponesi, piuttosto che europee. Per un totale di 43 mila ettari di suolo pubblico persi in otto anni. Dati che vengono presentati in occasione della Settimana Europea per la Custodia del Territorio, manifestazione che prevede oltre trecento iniziative, sviluppate in 17 Paesi europei, a testimonianza di diverse esperienze di custodia del territorio (qui il programma). A Milano, l’appuntamento principale è previsto per questa sera alle ore 20.30 nella sala del C.A.M. Garibaldi, in Corso Garibaldi 27, dove verrà presentato il documentario di Mario Petitto, “L’Età del Cemento“: un viaggio nella Lombardia delle seconde case, dei cantieri aperti accanto ai palazzi invenduti, e dei paesi dell’hinterland che moltiplicano le concessioni edilizie per incassare gli oneri d’urbanizzazione. Ma anche un viaggio fra gli ultimi agricoltori assediati e coloro che si oppongono alle nuove infrastrutture in costruzione.
Nella giornata in cui si parla di suolo come bene comune, a poche centinaia di metri di distanza riprende in Commissione Territorio della Regione Lombardia, la discussione sul Progetto di legge 146 bis, ignota ai più. Recita il comunicato stampa che le proposte di modifica della legge 9 del 2001 “perseguono l’obiettivo dello sviluppo infrastrutturale, favorendo … il concessionario di autostrada regionale …- consentendo – che siano considerati parte integrante gli interventi i cui margini operativi di gestione possono contribuire all’abbattimento … dell’esposizione finanziaria …”. In parole molto più semplici significa rendere edificabili i terreni che verranno a trovarsi nei pressi degli svincoli autostradali, per aiutare i costruttori a rientrare del loro investimento. Una pratica che in Italia si è già attuata e che, per altro , è il linea con la Legge Obiettivo nazionale, ma che la Regione Lombardia vuole legittimare per legge.
Costruendo in project financing, solitamente il costruttore di un’opera infrastrutturale ne assume anche la gestione per rientrare del proprio investimento. Questo significa, nel caso di un’autostrada, che il piano di rientro dovrà valutare la domanda di traffico, dal momento che la copertura finanziaria sarà legata, anche se non in via esclusiva, al pagamento del pedaggio. Rendere edificabili le aree limitrofe per rientrare del capitale impiegato significa, invece, scogliere questo nesso, con il rischio di ritrovarci autostrade che portano direttamente a centri commerciali o, al contrario, di costruire infrastrutture ogni volta che si voglia valorizzare in termini immobiliari un territorio.
“Questa legge non è una novità in Lombardia – spiega a ilfattoquotidiano.it Di Simine – Era già stata introdotta per le grandi autostrade previste dalla Legge Obiettivo e fortunatamente ha fatto fiasco, perché i capitali da investire sono ingenti, ma il rischio che si scateni una corsa al consumo di territorio c’è”. Nel dibattito che si sta tenendo in Commissione, la Lega nord è riuscita a far passare il principio per cui auspicabilmente le valorizzazioni immobiliari dovrebbero avvenire su aree dismesse, ma non avendo carattere perentorio, non sembra poter incidere sul risultato finale.
L’introduzione di una rendita finanziaria da valorizzazione immobiliare non è l’unica modifica allo studio. Il progetto di legge prevede anche la fissazione un tetto di massima per le opere di compensazione, che non dovrà essere superiore al 5% (mentre in Europa di solito si assesta intorno all’8) e dovrà essere calcolato in misura inversamente proporzionale all’intero costo dell’opera. Quindi più sarà devastante, da un punto di vista ambientale, meno si dovrà pagare per compensarne l’impatto.