Si chiude la prima tranche del procedimento nato dalla maxi-inchiesta sulla presenza della criminalità organizzata. Al vaglio del gup c'era la posizione di 72 imputati che avevano scelto il rito abbreviato. In quattordici sono stati assolti, ma solo sette scagionati dal reato di associazione di stampo mafioso
Si chiude con cinquantotto condanne, con pene fino a 13 anni e sei mesi in rito abbreviato la prima tranche del processo Minotauro, nato dalla maxi-inchiesta sulla presenza della ‘ndrangheta in Piemonte e sui suoi tentativi di condizionare la vita politica nel torinese. E’ questo il dispositivo della sentenza inflitta nel tardo pomeriggio di oggi a Torino, nell’aula bunker del carcere delle Vallette, dal gup Cristiano Trevisan, al cui vaglio c’era la posizione di 72 imputati che avevano scelto il rito abbreviato.
Quattordici imputati sono stati assolti, ma solo sette sono stati scagionati dal reato di associazione di stampo mafioso. Per un’altra settantina di imputati il processo, che si svolge con rito ordinario, inizierà il 18 ottobre. Il giudice ha anche disposto la confisca di beni per milioni di euro.
L’inchiesta Minotauro aveva portato lo scorso anno all’arresto di 142 persone e allo smantellamento di decine di ‘locali’ della ‘ndrangheta che operavano a Torino e nel circondario, cercando di tessere legami con gli ambienti politici. Tra le 75 persone per le quali inizierà il processo con rito ordinario figura l’ex sindaco di Leinì Nevio Coral, e Antonino Battaglia, segretario comunale a Rivarolo; entrambi comuni che in seguito agli accertamenti condotti dal pool guidato dal procuratore aggiunto Sandro Ausiello erano stati sciolti per infiltrazioni mafiose.