La Rai cambia marcia con il nuovo cda ed istituisce un bando di gara con cui schedare i possibili evasori del canone. Non una vera e propria riscossione ma, per ora, si tratterà solamente di un aiuto esterno per evadere le numerose contestazioni che sono arrivate nelle sedi di viale Mazzini. In tre anni le contestazioni recapitate sono state oltre un milione e 400mila con un mancato ricavo che si attesta intorno ai 600 milioni di euro. Per recuperare almeno in parte questa cifra la Rai ha pubblicato un bando di gara con cui si affida a terzi la trattazione delle pratiche di contestazione e l’archiviazione dei dati su supporto ottico. 1 milione e 378mila euro per la durata di 36 mesi eventualmente prorogabili per un ulteriore anno: sono queste le condizioni riportate nel bando di gara che permetterà di smaltire, secondo le previsioni, quasi 500mila pratiche ogni anno. Una decisione che si inserisce in un contesto economico non così roseo per la Rai che ha fortemente risentito della crisi economica del settore pubblicitario fino a perdere il secondo posto in Italia in favore di Google, ancora dietro a Publitalia.

Una situazione che ovviamente porta il canone Rai ad essere la principale voce in entrata nel bilancio dell’azienda e a cui la presidente Anna Maria Tarantola e il direttore Luigi Gubitosi stanno cercando di porre rimedio. Il processo di smaltimento delle contestazioni userà i dati presenti nelle banche dati dell’Agenzia delle Entrate, andando ad individuare tutte le utenze che hanno già ricevuto solleciti di pagamento ma che, per vari motivi, non hanno voluto pagare il canone. Come si legge nei documenti allegati al bando di gara, l’azienda precisa che questa situazione si può trovare per due ragioni: o l’utente sostiene di essere già abbonato oppure non si vuole pagare il canone per ragioni ben precise. Nel primo caso si tratta essenzialmente di titolari di abbonamenti speciali o di licenze gratuite, mentre nel secondo caso si registrano “donazioni di televisori a persone terze”, la mancanza di un televisore nell’abitazione o, la motivazione più utilizzata, “non guardare la Rai ma solo la concorrenza, principalmente Mediaset e Sky”. L’azienda informatica che si occuperà dell’analisi delle pratiche avrà proprio il compito di archiviare e schedare tutte le utenze che continuano a non pagare il canone e fornire così un quadro più completo per la possibile riscossione. “Si tratta di una lavorazione da circa 10 anni esternalizzata per far fronte alla necessità operativa di trattazione delle risposte degli utenti alle iniziative Rai di contrasto dell’abusivismo, con l’obiettivo di una definizione rapida delle posizioni, riduzione dei solleciti e maggior soddisfazione dell’utenza – spiegano dall’Ufficio Stampa – Rai effettua ogni attività finalizzata al contenimento dell’utenza TV abusiva tramite attività informativa e ogni altra attività a supporto degli organi di controllo. Le attività di contrasto all’evasione canone TV consentono di acquisire annualmente circa 400 mila nuovi abbonamenti ordinari e speciali e di gestire le posizioni di coloro che, a vario titolo, non dovessero più corrispondere il canone”.

Tempi duri quindi per gli evasori del canone Rai che fino a questo momento non potevano essere controllati fino in fondo: la Guardia di Finanza, più volte interpellata, non può infatti entrare nelle abitazioni e controllare l’effettiva presenza di un apparecchio televisivo. L’unica arma a loro disposizione fino a questo momento è stato il controllo incrociato con la sottoscrizione di eventuali abbonamenti per la televisione a pagamento, in quel caso infatti la presenza di un apparecchio, e quindi di una violazione, è ovviamente palese. Secondo un’analisi condotta da Krls Network of Businness Ethics sembra infatti che il canone Rai sia la tassa più evasa dagli italiani con punte che raggiungono l’87% in alcune regioni del Sud d’Italia. Un dato in forte ascesa che solo nel 2005 si attestava al 22% e nel corso degli anni è salito vertiginosamente fino a diventare un vero problema per le casse dell’azienda: alla fine del 2011, secondo i dati ufficiali Rai, l’evasione è arrivata al 27%. Stando all’analisi, la motivazione principale che ha portato a questa situazione riguarda in modo particolare come il canone viene percepito dalle famiglie: più come un abbonamento che come un tributo. A questo si aggiungono naturalmente le numerose contestazioni sulla qualità delle trasmissioni piuttosto che sull’obbligo di pagare per un servizio, a tutti gli effetti, non richiesto e in alcuni casi anche non utilizzato.

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