Il pm aveva chiesto una pena di 5 anni e mezzo. Assolto l'imprenditore Bezziccheri. Secondo l'accusa i due avrebbero contribuito a creare un sistema di fondi neri in modo da soddisfare le esigenze economiche del management. Il faccendiere dovrà pagare una provvisionale, immediatamente esecutiva, alla parte civile
Pierangelo Daccò, il faccendiere accusato di associazione per delinquere, bancarotta e altri reati nell’inchiesta sul dissesto dell’ospedale San Raffaele, è stato condannato con rito abbreviato a 10 anni di carcere. Assolto, invece, l’imprenditore Andrea Bezziccheri. Per Daccò l’accusa aveva chiesto una pena a 5 anni e mezzo. Daccò, in carcere dallo scorso novembre è stato in sostanza condannato al doppio della pena che aveva chiesto la Procura e cioè cinque anni e mezzo di carcere. Riguardo invece all’imprenditore Bezzicheri, nei confronti del quale il pm Luigi Orsi aveva chiesto tre anni di reclusione, il gup Maria Cristina Mannocci ha deciso di assolverlo “per non aver commesso il fatto”. Le motivazioni della sentenza saranno pronte entro 90 giorni.
Secondo l’accusa i due, in concorso con altre persone, avrebbero contribuito a creare il cosiddetto “sistema San Raffaele” per formare fondi neri così da soddisfare le esigenze economiche del vecchio management e di chi gli era vicino. Oltre al concorso in bancarotta, Daccò doveva rispondere di associazione a delinquere finanziata alla frode fiscale, appropriazione indebita e distrazione di beni.
Il gup ha anche fissato una provvisionale: il faccendiere dovrà versarne una, immediatamente esecutiva, di 5 milioni di euro alla parte civile rappresentata dalla fondazione e dai commissari dell’ospedale che attualmente si trova in concordato preventivo.
“I processi – ha commentato l’avvocato Giampiero Biancolella, legale di Daccò – terminano dopo la valutazione nel merito che fa il giudice d’Appello e dopo la rilettura della Cassazione. Questa potrebbe essere una sentenza coi piedi d’argilla, tuttavia mi riservo di leggere le motivazioni”. “Gli elementi di condanna – osserva l’avvocato – sono gli stessi identici per i quali la Cassazione aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare per Daccò”.
Da alcuni mesi è emerso che in un’inchiesta parallela a questa è indagato anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni per corruzione. Daccò, amico di Formigoni e uomo vicino a Comunione e Liberazione, secondo la contestazione dei magistrati avrebbe pagato viaggi aerei compiuti dallo stesso governatore e altri benefici per una cifra calcolata dagli inquirenti intorno ai 9 milioni di euro. Il presidente lombardo, come noto, ha smentito ripetutamente di aver ricevuto qualsiasi favore e di aver mai agito in favore della Fondazione Maugeri.
La sentenza arriva a 11 mesi dall’arresto di Daccò. Secondo la Procura si è trattato di un’associazione a delinquere per portare avanti una “depredazione sistematica” del patrimonio della fondazione San Raffaele, fino a sottrarre 45 milioni di euro alle casse dell’ospedale. Mario Cal, l’ex braccio destro di don Luigi Verzé suicida nel luglio 2011, ne sarebbe stato il capo; 7 gli imprenditori chiamati a giudizio. Per quattro di loro il processo va avanti con rito ordinario. Il settimo, Mario Valsecchi, ha patteggiato una pena di 2 anni e 10 mesi.