Prendendo spunto dall’analisi che Peggy Hackney ha fatto per il New York University Movement Lab sul body language di Obama e Romney in vari discorsi e dibattiti (vedi questo articolo del NYT), ho esaminato i gesti e la postura dei due contendenti nel loro primo confronto diretto. In generale sono d’accordo con la Hockney: i gesti di Obama sono di solito più controllati di quelli di Romney, il che può esprimere padronanza di sé ma, in un momento in cui Obama deve difendersi da chi gli attribuisce tutte le colpe della crisi, tende invece a trasmettere l’idea che il leader sia oppresso dalle difficoltà.
Nel dibattito di ieri, però, i problemi del body language di Obama sono stati ben più numerosi e gravi. Innanzi tutto la postura: sono frequenti le inquadrature in cui Obama sta a testa bassa e con la schiena curva mentre Romney lo attacca o semplicemente parla. Una posizione di sottomissione:
Viceversa Romney, che pur non gode nemmeno lui di schiena dritta, era sempre attento a tener la testa alta e il busto all’indietro. Una tipica posizione di dominanza:
Per quanto riguarda i gesti, anche ieri Obama era come sempre controllato, ma lo è sembrato ancor di più perché si è trovato di fronte a un Romney assai sciolto e dinamico con le braccia. Non solo: mentre i movimenti di Obama erano sempre molto raccolti e non superavano quasi mai la sagoma del suo corpo, Romney muoveva le braccia in modo espansivo, agitandole lontano da sé, davanti, di lato e perfino in alto. Gesti di espansione, insomma, di ampliamento del proprio spazio di azione, o addirittura di attacco, con le mani atteggiate come un’arma, da parte di Romney; gesti di chiusura da parte di Obama, tipici di chi sta in posizione di difesa a raccogliere le forze.
Intendiamoci: non c’è mai nulla di deterministico nelle analisi del body language, perché i gesti cambiano significato a seconda dei contesti e perché le parole possono sempre correggere, compensare o addirittura contraddire il comportamento non verbale. Ma il non verbale conta sempre moltissimo, al punto che, se le parole lo contraddicono, le persone tendono a credere più al corpo che alle parole (alcuni studiosi dicono addirittura che il non verbale prevalga sul verbale in rapporto di 5 a 1). D’altra parte, è intuitivo: se dico che sono felice ma ho la faccia triste, chi mai mi crederà?
I gesti chiusi di Obama:
I gesti aperti e di attacco di Romney: