Emilia Romagna

Giap: manuali di guerriglia e di buon senso

Tra le moltissime importanti operazioni culturali e sociali fatte dai Wu Ming negli ultimi anni c’è quella, secondo me non secondaria, di aver attualizzato per un pubblico più giovane il nome “Giap”. Così hanno chiamato la loro newsletter gratuita, che poi è diventata la base del loro blog, così hanno intitolato un loro testo, Giap! Tre anni di narrazioni e movimenti, una raccolta del lavoro del collettivo tra il 2000 e il 2003, dalla “battaglia di Seattle” alle grandi manifestazioni planetarie contro la guerra in Iraq, un’analisi ribelle sul mondo globalizzato.

Mi auguro che i loro lettori più giovani si siano chiesti e si chiedano che cosa significa, chi è Giap, perché si tratta di una delle figure più importanti e controcorrente del Novecento, un personaggio che va studiato e letto, un uomo capace di farsi amare, attraverso le sue gesta, da chiunque si senta in qualche modo “Ribelle”.

Vo Nguyen Giap, che il 25 agosto di quest’anno ha compiuto 101 anni, ancora in ottima forma, è il leggendario stratega che ha rivoluzionato l’arte della guerra. Colui che trionfò a Dien Bien Phu e liberò Saigon, il Simbolo della lotta impari ed eroica del popolo vietnamita contro ogni tipo di oppressore.

Giap è nato per fare il ribelle. A sedici anni viene arrestato nel corso di una manifestazione di protesta contro il colonialismo. A ventun anni aderisce al partito comunista vietnamita, in quegli anni illegalissimo. Giap scrive. Scrive alla notte, da giovane ribelle. Studia giurisprudenza, si applica, pensa. Poi il giovane ribelle si innamora. Si sposa. I suoi sogni di gloria sono infiniti. Viene arrestato di nuovo, nella notte, assieme alla sua tenera compagna. Lui è un ribelle, è a suo agio in gattabuia: riesce a evadere. Lei, l’amata, muore, seviziata, torturata, stuprata. Giap fugge sul delta tonchinese. Lacerato dal dolore continua la sua attività rivoluzionaria. Incontra Ho Chi Minh nel febbraio del 1941. Diventano subito amici. Giap ha guardato bene gli occhietti furbi dello Zio Ho. Fra ribelli ci si intende.

Giap inizia la guerriglia con trentaquattro compagni. “O la va o la spacca”. Il primo motto della guerriglia vietnamita. Giap il ribelle è uno che ci sa fare. La guerriglia si sviluppa. Giap fa partecipare tutti. La guerra di popolo. La guerra del popolo. Giap è un grande stratega pazzo e illuminato. I giapponesi non riescono a capire le sue mosse. Se ne vanno. Dura poco. Si torna a parlare francese per le vie di Saigon. Giap prende il fucile in mano e si butta nella mischia. Dal 1946 al 1954 combatte ferocemente i francesi. Nel tempo libero sorseggia tè insieme allo zio Ho. Pare che ai due piaccia molto parlare della natura. Lo zio ama le palme. A Giap piacciono i manghi.

Nel 1953 il ribelle Giap, ormai capo di tutto l’esercito della Repubblica Democratica, estende la sua azione nel Laos. Azioni di grossi battaglioni combinate con bande partigiane. Al ribelle Giap piacciono molto i partigiani. Nel gennaio 1954 suoi ragazzi occupano tutto il Laos centro-settentrionale. I francesi si rifugiano nell’inespugnabile base aerea di Dien Bien Phu. il generale Navarre si gongola nel suo fortino strategico mentre Giap accarezzandosi il mento guarda la base. Sa l’importanza strategica che ha quella base. Sa che ci sono molte truppe dentro quella base. Giap al tramonto del 18 marzo dice ai suoi ragazzi “scavate”. Per cinquantacinque giorni e cinquantacinque notti scavano un arzigogolato sistema di gallerie sotterranee, alcune arrivavano anche all’interno della base nemica.

Giap il ribelle dimostra di essere uno stratega eccezionale. Riesce a creare autentico fervore popolare che accompagna tutta l’offensiva. I contadini salgono in bicicletta attraverso sentieri impervi per portare i rifornimenti alle prime linee, per portare i mortai e i cannoni smontati. I ragazzi di Giap con unità di fanteria leggera riescono a distruggere una grossa divisione fornita di mezzi corazzati. Il vantaggio dell’aviazione francese va a farsi benedire. I vietminh spuntano da sotto terra, spuntano come funghi. Occupano posizione dopo posizione. Il 7 maggio del 1954 cade l’ultimo baluardo francese in Asia.

Di lui il giornalista statunitense Stanley Karnow ha detto: “Un uomo leggendario. Ha plasmato un gruppo di guerriglieri disorganizzati in uno degli eserciti più efficienti al mondo”. E Luciano Canfora, nella prefazione a Masse armate ed esercito regolare (ripubblicato quest’anno in una bella edizione da Sandro Teti Editore) ha aggiunto: “È forse il testimone più significativo del secolo Ventesimo”.

Il testo, stampato da questo bravo editore romano, meriterebbe la massima divulgazione possibile. Un libro che ripercorre trent’anni di conflitti vittoriosi contro gli invasori giapponesi, francesi e americani. Corredato dagli scritti di Luciano Canfora e Tommaso De Lorenzis, questo “manuale”, a suo modo poetico e di facile comprensione, è un classico del pensiero militare e offre l’occasione per tornare a calcare le piste di guerriglieri antichi e moderni: dalla rivolta di Spartaco alla sovversione comunicativa e semiologica nella società contemporanea.

Vo Nguyen Giap oggi legge le fiabe ai suoi nipotini. È ancora un inguaribile ribelle.