Nicola Zingaretti è il politico impermeabile del Partito democratico. Sta bene per qualsiasi stagione, sta bene dove lo mettono e dove si mette, sta bene per la Provincia, il comune di Roma, la Regione Lazio. Sta bene persino per palazzo Chigi, un domani.

Ma un amministratore è un polivalente o un politico specializzato? Tre mesi fa, piazza di Trastevere, Zingaretti si è candidato per Roma. Aveva un programma, qualche idea, molti appunti, poca enfasi. Sembrava un percorso naturale: meritato. Aveva rifiutato cinque anni prima e aveva assistito al pessimo governo di Gianni Alemanno. E’ giunta l’ora, Zingaretti è pronto: per le primarie di coalizione, per il confronto con il sindaco. Poi Renata Polverini si dimette, ovviamente il Pd, che ne chiedeva la poltrona, non aveva previsto le conseguenze: che facciamo, peschiamo tra i giornalisti televisivi come  successo per Piero Marrazzo e Piero Badaloni o catapultiamo David Sassoli, che pure lavorava in Rai e la gente lo conosce per il telegiornale?

Fin quando, mentre le elezioni s’avvicinano, il Pd avrà pensato all’unico amministratore che sta bene un po’ qui e un po’ lì, che può gestire la Provincia, il Comune, la Regione. Zingaretti ha soltanto la colpa di aver accettato e, forse, di aver illuso i romani. In questo giochino democratico, il ministro Andrea Riccardi, perfetto per la Regione Lazio, può correre per il Campidoglio.

E un calciatore può giocare anche a pallavolo, un tennista a basket, un golfista a pallamano. 

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