Quanto valgono 5 morti? Dipende. La famiglia turca uccisa dal colpo di mortaio siriano mercoledì nella cittadina di confine di Akcakale può valere la consacrazione definitiva di Ankara come potenza nell’area mediorientale. I turchi hanno risposto al colpo attaccando installazioni militari siriane, convocando d’urgenza una riunione della Nato, di cui è membro influente e appoggiato (dagli Usa e dai suoi alleati più stretti); poi della questione s’interesserà, sempre d’urgenza, anche l’Onu. E’ il riconoscimento al peso che Ankara ha conquistato negli ultimi anni, accelerato dalla primavera araba e dalla repressione del regime siriano, di cui i turchi sono fieri avversari per questioni di influenza politica, economiche (il controllo delle fonti d’acqua che scendono dall’Anatolia verso i confinanti meridionali), e sociali (i moti di ribellione delle popolazioni curde la cui entità statale – il Kurdistan – si distende tra Turchia, Siria, Iraq e Iran).
Ankara con la sua risposta armata aiuta l’esercito libero siriano (i cui vertici hanno le loro retrovie in Turchia), aprendo un fronte che l’esercito lealista di Al-Assad deve rafforzare, minando così le capacità militari di Damasco. Per la Nato e la comunità occidentale questo potrebbe essere il grimaldello per sollevare il raìs di Damasco – appoggiato dall’Iran e sostenuto da Russia e Cina – e rendere insopportabile il suo regime agli stessi vertici militari. Il lancio dell’obice – preso come occasione per una risposta armata sproporzionata all’aggressione – avviene in un’area dove si ammassano i profughi siriani e nei giorni della battaglia finale di Aleppo, seconda città della Siria e “capitale” dei ribelli, verso la quale stanno confluendo decine di migliaia di soldati lealisti.
Assad resiste da quasi due anni alla rivolta popolare, la quale senza una spinta e un appoggio (i turchi fanno passare armi e rifornimenti verso Aleppo) continuo non solo non sarebbe in grado di durare, ma finirebbe per essere soffocata. Ma questo non basta per cambiare le sorti della guerra civile. Serve l’intervento di una mano esterna che sposti gli equilibri del conflitto a favore dei guerriglieri anti-Assad. Mossa dalla risposta ai 5 morti di Akcakale, la mano turca ha la forza di stringersi al collo di Assad e sollevarlo dalla sua roccaforte di Damasco.