Ce l’hanno fatta, i gagliardi neocentristi che sono partiti all’arrembaggio di quel che resta della Seconda Repubblica. Approfittando del caos Lazio, i papalini montiani piazzano il colpo che non ti aspetti (o forse sì): per il dopo Polverini giocano l’asso Zingaretti, stimato presidente della provincia di Roma che sarebbe dovuto diventare il prossimo sindaco della Capitale. “Emergenza democratica, Zingaretti è l’uomo giusto”, urlano tutti in coro, dall’Udc al Pd. Il perché è presto detto: dirottando sulla Regione il popolarissimo (e scomodo, per i centristi) Zingaretti, si libera la poltrona in Campidoglio, dove verrà elevato agli altari il ministro Andrea Riccardi, con una coalizione blindatissima dall’Udc alla sinistra.

Roma tornerebbe ad essere papalina, con un uomo molto vicino al Vaticano come primo cittadino, in barba alla breccia di Porta Pia.

Piano diabolico ma non così difficile da smascherare. Eppure, Zingaretti pare esserci cascato e ha dato la propria disponibilità a candidarsi a governatore del Lazio. Della Ciociaria, della Tuscia e del reatino, in realtà, perché con Roma Capitale e città metropolitana, il ruolo di presidente di regione perderebbe gran parte del suo peso.

Evidentemente il trasversale partito dei vatican-montiani ha giocato bene le sue carte, e il rischio è quello di vedere un bravo e capace amministratore sacrificato a fare il Governatore dell’Agro Pontino e un ambasciatore della Santa Sede a governare la città più importante d’Italia. Zingaretti rifletta bene. Stanno tentando di fregarlo e lui, purtroppo, sembra esserci cascato.

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