Ha un figlio di 4 anni e lavora con continuità, ma solo con contratti a progetto e partita Iva. Così ha deciso di aprire un blog e rivolgersi direttamente alle signore "del potere" per spiegare com'è la corsa a ostacoli di una madre "atipica" alle prese con il caos legislativo nel mondo dei diritti (che spesso mancano)
“Che palle. Io i precari non li voglio”. Daniela Bagattini era al settimo mese di gravidanza quando sentì pronunciare queste parole da un’impiegata dell’Inca, il patronato della Cgil. Una coltellata alla schiena. Erano rivolte a lei. Proprio a lei che da neomamma precaria aveva pensato bene di appoggiarsi al sindacato dove militava e in cui credeva da sempre. Con un passato di movimento e di cittadinanza attiva, un dottorato in tasca e una figlia in pancia, aveva avuto il primo assaggio dell’intricatissimo mondo dei servizi ai precari. Parole rassicuranti come congedo di maternità, congedo parentale, assegno familiare si apprestavano a diventare l’anticamera di un incubo.
In quell’occasione Daniela scrisse una lettera di protesta al segretario della Cgil. Oggi, che sua figlia ha quattro anni e lei lavora con continuità ma con contratti a progetto o a partita iva, ha aperto un blog dal titolo “Cara Elsa (Fornero), cara Susanna (Camusso)”. L’idea di Daniela è rivolgersi direttamente alle signore del potere per raccontare la corsa ad ostacoli di una mamma atipica alle prese con il caos legislativo nel mondo dei diritti del precario. E con l’impreparazione delle istituzioni. “Perché qualcosa che si ama si deve poter migliorare – dice Daniela – E io sono perfino nel direttivo del Nidil, la sezione Cgil che si occupa di atipici. Ma i sindacati sono troppo indietro. Con l’aiuto di alcuni colleghi, cerco di utilizzare il mio caso, ogni volta che mi trovo di fronte ad un problema, per risolvere i casi di tanti”.
Un esempio? Pochi mesi fa Daniela affronta l’ultima magagna: grazie al marito dipendente decide di chiedere gli assegni familiari per la bimba. Ma nel modulo è necessario che inserisca anche il suo reddito, altrimenti la domanda sarebbe falsata. Ebbene: lo spazio dedicato al reddito derivante da partita Iva con il regime dei minimi non esiste. Daniela chiede cosa deve fare. Né patronato, né Inps centrale, né territoriale sanno rispondere alla sua domanda. L’esito comico è che la stessa Inps le consiglia di rivolgersi ad un fiscalista.
“Un’altra anomalia da risolvere? Non si capisce perché io debba pagare come partita iva il contributo dello 0.72% per finanziare i congedi parentali, esattamente come i Co.Co.Co, ma non possa poi usufruirne – dice ancora Daniela – E al di là dei servizi previdenziali e assistenziali c’è la fatica di ogni giorno per conciliare vita familiare e vita lavorativa. E allora aspetto a fare il secondo figlio, sempre col terrore che si ammalino i nonni, perché senza di loro è troppo dura”.
“Ci vogliono meno manifesti e più formazione”, sintetizza con una provocazione Daniela. E suggerisce di preparare consulenti operativi in ogni sede territoriale per risolvere i problemi fiscali e previdenziali. Personale che sappia compilare correttamente un modulo Isee per atipici e che sappia rispondere alle domande. “Il sindacato è nato dalla gente che faceva delle battaglie e il sindacato deve e può adeguarsi ai nuovi lavoratori – conclude – E invece mi sento dire le solite frasi: perché non fai vertenza? Perché non ti assumono? E io rispondo. Finché non fate la rivoluzione e non ci assumono tutti che facciamo, congeliamo gli ovuli”?