I pm notificano un nuovo documento ai custodi e al presidente Ferrante: "Entro cinque giorni dovranno essere avviate le operazioni". Altrimenti, si legge, i custodi potranno affidarsi a terzi per le operazioni. Previsto lo spegnimento degli altiforni 1 e 5, bonifica e dismissione del 3 e il fermo di sette batterie del reparto Cokeria
L’Ilva ha cinque giorni per avviare lo spegnimento degli impianti inquinanti, non c’è più tempo. La procura di Taranto nel nuovo documento notificato ai custodi e al presidente del cda Ilva, Bruno Ferrante, non usa mezzi termini. I magistrati hanno invitato “il custode amministratore Bruno Ferrante ad individuare e ad adibire con la massima urgenza possibile e, comunque, entro cinque giorni dalla comunicazione della presente direttiva, le maestranze necessarie, destinandole alle effettuazioni delle operazioni di cui sopra con relativi oneri finanziari, in piena collaborazione con gli altri custodi e sulla base delle loro direttive operative”.
Le direttive a cui il pool di magistrati guidato da Franco Sebastio fa riferimento, prevedono lo spegnimento degli altiforni 1 e 5, la dismissione e la bonifica dell’altoforno 3, il fermo di 7 batterie del reparto Cokeria, e numerosi interventi nel reparto acciaieria. Misure dettate dai custodi tecnici con le disposizioni di servizio del 17 e 20 settembre, ma che sembrano essere cadute nel vuoto. Il provvedimento, infatti, è la risposta decisa dei pubblici ministeri alla denuncia di qualche giorno fa formulata dai custodi tecnici. “L’Ilva non collabora” aveva spiegato Barbara Valenzano al procuratore Sebastio, all’aggiunto Pietro Argentino e ai sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile. La reazione della procura, non si è fatta attendere.
L’azienda ora dovrà fare sul serio: collaborare concretamente e non solo a parole. “In caso di inottemperanza a tale ultima disposizione – scrivono ancora i magistrati – i custodi amministratori Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento si avvarranno della facoltà di nomina di ausiliari già loro concessa procedendo senza ulteriori indugi e osservando comunque tutte le cautele del caso, segnalando eventuali rifiuti, omissioni o abusi a questa Procura per tutte le possibili valutazioni del caso, anche di tipo penale”.
Insomma un vero e proprio ultimatum: o l’Ilva spegne gli impianti o sarà una ditta esterna a farlo e i vertici aziendali dovranno rendere conto in tribunale di “rifiuti, omissioni o abusi”. Dal prossimo 11 ottobre quindi, con o senza la collaborazione dell’azienda, i custodi tecnici nominati dal giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco potranno “attuare le misure idonee ad eliminare le emissioni inquinanti intervenendo sugli impianti destinatari di tali misure, ferma restando la possibilità di adottare le eventuali cautele necessarie, ove tecnicamente sussistenti, per evitare danni gravi agli impianti medesimi, in vista di una loro successiva riutilizzazione, se possibile”. Insomma gli impianti vanno spenti per essere risanati e riutilizzati in futuro. Sempre che l’azienda sia disposta realmente a investire le somme, ingenti e necessarie, per rendere lo stabilimento siderurgigco di Taranto ecocompatibile.