Ambiente e trasporti. Sono le materie nelle quali, anche a livello comunitario, l’Italia va peggio. Al punto da essersi fatta bocciare in applicazione delle direttive Ue sul mercato interno. A stilare la pagella è stata la stessa Commissione europea, che bolla come “peggior risultato di sempre” quello che ha realizzato la Penisola nei sei mesi che si sono chiusi a maggio a causa dei ritardi accumulati nella trasposizione delle norme comunitarie in materia di mercato interno, dove l’Italia ha anche totalizzato il più alto numero di infrazioni aperte e tuttora in corso. E i settori in cui il Paese ha mostrato più difficoltà sono appunto l’ambiente e i trasporti.
L’Italia, si legge in particolare nel rapporto,“ha visto l’aumento più elevato del deficit di trasposizione” delle norme Ue in materia di mercato unico, passando “dal 2,1% al 2,4% negli ultimi sei mesi” che, sommandosi agli arretrati del passato, mette il Paese “al fondo della classifica”. Non solo. La Penisola, insieme alla Slovenia, ha addirittura aumentato il ritardo anche nel trasformare in legge le direttive chiave (salite da 2 a 4), rovesciando la situazione del maggio 2011, quando i due Paesi erano stati i soli a ridurlo. Ed è anche uno dei cinque Paesi a non avere centrato l’obiettivo “tolleranza zero”, ossia ad avere sforato il limite massimo di due anni di ritardo. “L’Italia – conclude quindi lo Scoreboard – ha proseguito la tendenza al ribasso degli ultimi sei mesi, aggiungendo ulteriori ritardi”.
Insomma, il governo Monti nonostante i rapporti con Bruxelles siano decisamente migliori di quelli dei suoi predecessori, non ha migliorato la situazione rispetto al rapporto pubblicato otto mesi fa. E così Roma non riuscirà quindi a centrare l’obiettivo dell’1% fissato per novembre, a meno che non prenda “provvedimenti drastici” per recuperare il ritardo, insieme a Belgio, Portogallo e Polonia. Quest’anno ce l’ha fatta persino la Grecia, che due anni fa aveva la maglia nera dell’Ue e oggi ha ridotto il deficit di trasposizione delle norme ad appena lo 0,5%. La Penisola ha poi 69 procedure d’infrazione aperte, record tra i 27, seguita da Grecia (68) e Belgio (64). Rispetto a maggio 2010, però, ricorda la Commissione, la performance del nostro Paese è migliorata, avendo ridotto del 25% il numero di infrazioni.
Categoria, quest’ultima, che comunque continua a includere la procedura comunitaria nei confronti dell’Italia per le agevolazioni fiscali della Chiesa, che resta aperta. Lo ricordano i servizi del commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia, dopo che il Consiglio di stato ha bocciato il decreto attuativo del Tesoro sull’Imu per gli enti non commerciali, Chiesa inclusa. Bruxelles, per poter procedere, ha bisogno delle misure applicative definitive per poterle analizzare e decidere se chiudere la procedura avviata nei confronti dell’Italia. Le agevolazioni fiscali di cui gode la Chiesa in Italia possono infatti considerarsi come aiuti di stato illegali.
Dopo avere definito lo scorso febbraio un “progresso sensibile” l’emendamento proposto dal governo Monti, i servizi antitrust Ue sono rimasti in attesa del testo legislativo finale, arenatosi davanti al Consiglio di Stato. Di fatto Bruxelles aspetta ora di vedere come il governo intenda risolvere la questione interna creatasi con la pronuncia di Palazzo Spada. Il contenzioso con l’Antitrust Ue risale al 2007, quando erano partite le prime richieste di informazioni a Roma. Almunia aveva deciso di riaprire il dossier dell’esenzione dell’allora Ici nei confronti della Chiesa nel 2010, dopo le denunce ripresentate dal deputato radicale Maurizio Turco e dal fiscalista Carlo Pontesilli, che si erano rivolti alla Corte di giustizia Ue per impedire l’archiviazione.
Intanto in serata il dipartimento delle Politiche europee ha diffuso una nota per sottolineare che la fotografia della situazione attuale del recepimento delle direttive comunitarie da parte dell’Italia sarà contenuta nel Quadro di valutazione numero 26, la cui pubblicazione è prevista nel febbraio del prossimo anno. Le previsioni del dipartimento parlano di un deficit di recepimento che si attesterà all’1%, a fronte del 2,4% registrato nel Quadro di valutazione pubblicato oggi.