bollerocca

 

 

 

 

 

 

 

Lo champagne nella cultura italiana è solitamente associato al lusso. Che sia un lusso sofisticato e consapevole o un lusso “burino”, da champagne esoso e dozzinale sfoggiato in discoteca, cambia poco. Non è comunque un’associazione tanto banale visti i prezzi e l’immaginario culturale che circonda le bollicine francesi (alla fine gli addetti ai lavori sanno sempre come e dove rifornirsi, mentre l’amatore che entra in qualsiasi enoteca è respinto da etichette poco note e prezzi decisamente dopati). Eppure basterebbe un viaggio in Francia nelle terre dello Champagne per sfatare alcuni falsi miti sulla possibilità di bere bottiglie eccellenti a prezzi umani. Visto che non tutti possono però prendere e andare in Francia, le manifestazioni come quella appena conclusa alla Rocca San Vitale di Fontanellato diventano occasioni importanti per immergersi nel mondo delle bollicine transalpine. Conoscerle meglio, scoprirle. Innamorarsene. 

Terra Bolle Rocca, questo è il nome della manifestazione dove Maurizio Cavalli per gli champagne e “Il Bere Alto” per la selezione italiana hanno dato vita a una due giorni (7,8 ottobre 2012) ricca di spunti e resa piacevole anche dal contesto di un bell’edificio storico, dove tra un bicchiere e l’altro si potevano anche gustare parmigiano, salami, culacce e culatelli e qualsiasi eccellenza locale.

Inutile elencare sterilmente una serie di bottiglie e annate provate, più giusto ricordare come la selezione di Cavalli abbia raccontato il lato più romantico e rigoroso dello champagne: bottiglie vere, dove a spiccare è l’eleganza e la grande acidità e l’attenzione alla “naturalità” della proposta. Termine pericoloso ma che ha legittimità in una serie di etichette che rispettano livelli di solforosa molto bassi e non presentano evidenti sofisticatezze nel lavoro in cantina.

champagne

Tra le cose migliori provate c’è sicuramente il millesimato 2007 di Sadi Malot Blanc de Blancs, Chardonnay in purezza dalla grande evluzione; uno stupendo Gatinois a base Pinot Nero (presente sia col Grand Cru Reserve Brut che con un eccellente millesimato del 2006) e l’extra brut di Marie Noelle Ledru. Interessante anche la selezione ferma “Orizzonti insoliti” in cui si potevano assaggiare, tra gli altri, il fresco ed elegante Muscadet di Vèronique Gunther-Chèreau e uno stupendo Chenin Blanc di Domaine De Bellivière.

Non si è bevuto solo vino francese ovviamente, ma i numerosi produttori italiani erano obiettivamente un po’ schiacciati dalla ragguardevole offerta extra-territoriale. Belle conferme per Haderburg che in Valle Isarco produce, con certificazione bio-dinamica, uno tra i migliori metodo classico italiani. Tra i rossi l’obbligo della citazione va all’Aglianico Paternoster, benchè sia il 2008 (Synthesi) che il 2007 (Don Anselmo) sono sembrati davvero troppo giovani. Ma probabilmente ore di bianchi acidi non hanno aiutato l’impatto con i poderosi tannini di questo importante Aglianico. 

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