Nel Comune di Reggio Calabria, sciolto ieri dal Consiglio dei Ministri per mafia, la ‘ndrangheta si era presa anche la gestione della raccolta rifiuti. Attraverso una società municipalizzata, la “Leonia Spa“, partecipata a maggioranza pubblica (il 51% delle azioni erano del Comune). Questa mattina è scattato l’arresto nei confronti del direttore operativo della Leonia, Bruno De Caria, perché “grazie al suo ruolo avrebbe favorito l’infiltrazione della cosca nella municipalizzata”, secondo gli inquirenti. La cosca contro cui è stata diretta l’operazione congiunta della Squadra Mobile e dal Gico della Guardia di Finanza è quella dei Fontana, ‘ndrina di Archi federata al potentissimo cartello del clan Condello. De Caria è accusato di associazione di tipo mafioso, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e abuso d’ufficio, aggravati dal fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa. 

L’indagine ha portato ad altri 7 arresti: Giovanni Fontana, 67enne ritenuto capo indiscusso della cosca; suo figlio Antonino Fontana, 41enne, ritenuto esecutore delle direttive impartite dal padre nel mantenere i rapporti con il direttore operativo della Leonia; Francesco Carmelo Fontana, di 43 anni; Giuseppe Carmelo Fontana, di 35 anni; Giandomenico Fontana di 38 anni; Eufemia Maria Sinicropi di 35 anni e Giuseppina Maria Grazia Surace di 35 anni. I primi cinque sono accusati di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose, le due donne invece sono accusate di intestazione fittizia di beni aggravata dalle finalità di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa: la Sinicropi, moglie di Antonino Fontana, come titolare formale di tre srl (Se.Mac., Italservice e Si.Ce.); la Surace come titolare della sola Si.Ce.

Giovanni Fontana negli anni Settanta suscitò l’attenzione degli investigatori nel panorama ‘ndranghetistico per la presunta militanza nello schieramento mafioso del clan De Stefano, che a quell’epoca accomunava, sotto il nome di “Arcoti”, diverse famiglie di ‘ndrangheta. All’inizio della seconda guerra di mafia, però  annotano gli investigatori, la ‘ndrina Fontana si sarebbe contrapposta al cartello dei De Stefano-Tegano-Libri, e si sarebbe aggregata al gruppo “separatista” degli Imerti-Condello

“Si può ritenere, senza tema di smentite – scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare  – come le società miste hanno rappresentato uno dei poli di attenzione della ‘ndrangheta, finendo con il rivelarsi strumento (l’ennesimo) mediante il quale la criminalità organizzata ha infiltrato (sarebbe meglio, forse, dire l’ha fatta propria) l’economia cittadina”. “Con la prima aggravante – prosegue il magistrato – che ciò è avvenuto in un settore, come quello dei servizi pubblici, destinato alla collettività e con l’ulteriore rappresentata dall’incapacità (a voler essere ottimisti) del socio di maggioranza di controllare, nel corso degli anni, cosa accadesse in seno alla società mista”. 

L’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ed eseguita da polizia e guardia di finanza ha accertato che la cosca Fontana avrebbe esercitato un pervasivo potere di condizionamento e controllo di tipo mafioso sul “Comparto Ambientale” o “Comparto rifiuti” di Reggio Calabria. Secondo gli inquirenti l’attività d’indagine evidenzia che le società miste, quali la Leonia ma recentemente anche la Multiservizi Spa per la cosca Tegano, hanno rappresentato la ‘nuova frontiera’ dei rapporti tra le cosche mafiose e il tessuto economico e sociale.

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