La crisi turco-siriana rischia di raffreddare seriamente gli ottimi rapporti tra il premier turco Tayyip Erdogan e il presidente russo Vladimir Putin. Il rilascio e la prosecuzione verso la destinazione finale del volo Mosca- Damasco, dopo l’atterraggio forzato di ieri pomeriggio ad Ankara, non ha soddisfatto il governo russo che per bocca di Alexander Lukashevich, portavoce del ministro degli Esteri, ha espresso preoccupazione per lo stato di salute dei 17 cittadini russi a bordo dell’Airbus 320 della Syrian Airline bloccato per otto ore senza aver «concesso ai passeggeri accesso a cibo, acqua e personale medico».
Quanto alle presunte armi a bordo destinate all’esercito siriano, il funzionario russo ha fatto notare che sul volo civile «non c’erano né avrebbero potuto esserci armi, né alcun sistema o parti da assemblaggio per equipaggiamento militare a bordo dell’aereo passeggeri». Anche perché «la collaborazione militare tra Russia e Siria prosegue con regolarità usando le vie tradizionali», ovvero tramite le navi che attraccano al porto militare siriano di Tartus. Il governo turco dal canto suo ha ribadito le sue ragioni ricordando appunto di aver sequestrato del materiale bellico, ma intanto per evitare rappresaglie ha ordinato alla propria compagnia di bandiera, la Turkish Airline, di non sorvolare lo spazio aereo siriano durante i frequenti voli che nei prossimi giorni porteranno i pellegrini musulmani in Arabia Saudita per l’annuale Hajj, il pellegrinaggio che è un dovere per ogni musulmano devoto.
Sui fatti di ieri, il ministro siriano dei Trasporti Mahmud Said ha tagliato corto definendo quello turco un atto di pirateria, mentre la direttrice della Syrian Airlines, Ghaita Abdullatif, ha dichiarato che si sarebbe addirittura «rischiata una sciagura aerea quando gli F16 turchi hanno costretto l’aereo siriano ad atterrare in violazione delle procedure internazionali». A suo avviso inoltre non sarebbero stati avvertiti né il pilota né l’aviazione civile turca: «I jet militari si sono avvicinati a una distanza non calcolata», ha poi aggiunto. Nata nel 1946, la Syrian Airlines da oltre un anno è soggetta a fortissime restrizioni di volo per via delle sanzioni e ultimamente riesce a coprire quindi solo le tratte con Paesi alleati come Russia, Iraq e Iran. In passato invece offriva un servizio di alta qualità a prezzi competitivi. Negli ultimi anni aveva intensificato soprattutto le rotte europee, in particolare in Italia, Francia e Germania.
Convinta delle sue ragioni Damasco ha chiesto inoltre la restituzione del carico sequestrato mentre il presidente russo Putin ha deciso di rinviare la visita prevista ad Ankara dal 14 al 15 ottobre. Decisione ufficialmente non legata ai fatti di ieri, ma a far sospettare è la tempistica: Mosca lo ha reso noto proprio oggi. Un’altra singolare coincidenza riguarda invece il presidente siriano Bashar al Assad: il giornale turco di sinistra Aydinlikha pubblicato oggi una sua intervista in cui definisce turchi e siriani popoli fratelli. I due governi, a suo avviso, dovrebbero collaborare per affrontare le attuali sfide regionali per riuscire a garantire entrambi maggiore sicurezza nel «proprio territorio nazionale». Ma la tensione resta. E’ stato Erdogan in persona, infatti, a intervenire e confermare che sull’aereo siriano c’erano “munizioni di fabbricazione russa destinate alle forze armate di Damasco”.
di Susan Dabbous