Il cugino Sergio, meccanico, assiste affettuoso alla guerra: “Non so mica se gli è convenuta questa cosa qui. Si è messo in uno di quei casini”. La esse emiliana, così bella, rotonda e grassa, si riduce invece a un sibilo nelle parole di Sandro Busca, il sindaco: “Ancora non abbiamo deciso come votare alle primarie. Faremo una riunione, ci confronteremo, sa noi siamo una lista civica…”. Persino qui a Bettola, tremila abitanti divisi dal torrente Nure in una conca dei colli piacentini che poi si allarga verso la Liguria, galleggia la sfida e mette paura. La natura ammonisce, e giusto qualche giorno fa c’è stato il presagio che si ballerà alla grande. Una scossa di 4.5 della scala Richter ha fatto tremare tutta Bettola: nessuna crepa per fortuna, ma qualche preoccupazione sì. Anche Pier Luigi si è incupito. Ha chiamato in municipio: “Tutto a posto?”. Lui non ha più tempo per una passeggiata in paese, le serrande verdi della casa di famiglia sono abbassate.
La pompa di benzina del babbo è stata affittata, la farmacia di sua moglie Daniela è a Piacenza. La famiglia anche. Adesso è intento a “smacchiare il giaguaro” che si è ritrovato in casa: Matteo Renzi. Il rivale è furbo, veloce, disinvolto anche troppo.
Grande comunicatore, un acchiappavoti perfetto. Alcune settimane fa il fiorentino fu notato a Bologna, in piazza Santo Stefano, salire le scale che portano all’ufficio di Romano Prodi. Un tragitto compiuto più volte. Non è che ci fosse bisogno di profeti per mettere in allarme Bersani. Il capo vero dell’esercito bersaniano, Vasco Errani, comunista romagnolo, presidente da tredici anni della Regione, ottimo collettore di coscienze e voti ha pianificato un incontro con il Professore. Da allora Renzi non si è più visto a Bologna.
“Il consenso è come una mela sul ramo”. Bersani avrà più anni del rottamatore, ma li ha messi bene a frutto. Sa che i voti, per contarli, bisogna prima andarseli a cercare. “Il consenso – ama dire – è come una mela sul ramo. Balla, balla ma cade solo se c’è il cestino”. Sono belle e grandi ceste quelle che il suo largo e un po’ sorprendente cerchio magico sta provvedendo a piazzare ai quattro angoli del Pd. Avere Prodi da questa parte vorrebbe dire aprirsi le porte a un bacino elettorale importante.
C’è per fortuna un fantastico jolly nelle amicizie di Bersani: si chiama Giorgio Vittadini, numero uno della Compagnia delle Opere, l’uomo più influente all’interno di Comunione e liberazione. Un amico di vecchia data, una presenza antica nelle frequentazioni di Bersani. Un suo ex autista, accompagnatore in anni oramai lontani, ricorda persino di averlo condotto a uno degli incontri, forse conviviali, che precedettero la nascita delle Compagnia. La presenza di Bersani tra i soci politici fondatori non è accertata, ma di sicuro c’è la trascrizione del suo discorso, come riferisce Enrico Deaglio sul Venerdì di Repubblica, dell’agosto del 2003 all’inaugurazione del Meeting di Rimini. “La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’800. Solo l’ideale lanciato da Cl negli anni ’70 è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare.
Quando nell’89 Achille Occhetto volle cambiare il nome del Pci, per un po’ pensò di chiamare il nuovo partito Comunità e libertà. Perchè tra noi e voi le radici sono le stesse”. Le stesse, è vero. Volete una conferma? Vincenzo Tassinari, gran capo di Coop Italia e di Centrale italiana (centrale di marketing nata tra Coop, Despar, Sigma e il Gigante) dichiara, sempre al meeting, questa volta del 2009: “Le nostre cooperative e le imprese della Compagnia delle Opere si muovono alla base degli stessi valori. Faremo grandi cose insieme”.
Se il meeting si tiene a Rimini, per esempio, è anche merito della Regione Emilia Romagna che continua a dare un presente anche in tempi bui come questi. Pensate che per via della crisi economica quasi tutte le Regioni se la sono date a gambe (l’anno scorso erano nove gli stemmi presenti e paganti) rifiutando la sponsorizzazione. Vasco Errani non se l’è sentita. Si gioca in casa, è giusto –malgrado il terremoto e la fatica di racimolare un euro nel bilancio – dare un contributo di 100mila euro per piazzare lo stand. Dio è grande e onnipotente. Ma anche chi crede solo alle sue mani, al sudore della fronte, può costruire nel tempo libero un po’ di ceste dentro cui far cadere le mele, cioè i voti che servono a Bersani per averla vinta su Renzi. E certo un’amicizia fruttifera, un circuito che dà solidità all’organizzazione e certezza sul futuro è quella storica col mondo Coop. Sono numeri ancora vertiginosi e il filo, anche questa volta, lo tende Errani.
La sintonia tra i costruttori e il partito è divenuta linfa vitale. Ogni grande progetto è una grande opportunità popolare. Lo sa Bologna, lo sa il sindaco Merola che al primo punto del suo piano quinquennale ha messo la posa in opera della prima pietra di una costruzione magnifica: la monorotaia che collegherà la stazione ferroviaria di Bologna all’aeroporto. Novanta milioni di euro con il sistema del project financing. Partner strategico la Ccc, la più possente tra i colossi rossi, la più vicina al cuore del Pd.
Bersani è uomo del fare. Pragmatico, vede quel che manca e tende a procurarselo. All’Italia manca per esempio una strada che la tagli in diagonale e colleghi Mestre con Civitavecchia. Non una strada, un’autostrada. Non un opera, ma il colosso mundial della ingegneristica: 396 chilometri di percorso (di cui 139 su ponti e viadotti), 147 sovrappassi, 268 sottovie, 17 nuovi svincoli e l’adeguamento di altri 55. Il costo è al livello dell’ingegno: 9,8 miliardi di euro. Nel libro “Milano da morire” (Edizioni Bur Rizzoli) è descritta l’affannosa perorazione di Bersani, in una enfatica interrogazione parlamentare, all’idea che il governo mettesse subito mani alla tasca e procedesse al taglio del nastro. Il progetto è firmato da Vito Bonsignore, alla guida di una cordata ben equipaggiata.
Bonsignore è eurodeputato del Pdl con qualche acciacco giudiziario. Ma a chi vuoi che freghi questo? Il re delle cliniche dall’Emilia all’estero. Servono ceste, tante ceste. E il circuito amicale, lo sviluppo strategico che Bersani ha con tanti imprenditori fa presagire che grandi cestoni saranno pronti alla bisogna. I nomi dei supporters escono anche fuori dalla tradizione. Per esempio quello del ragionier Ettore Sansavini, padre e padrone del Gruppo Villa Maria, circuito di cliniche private (tutte convenzionate con le Asl dell’Emilia), un impero sanitario che sconfina in Francia, tocca la Romania, la Polonia, arriva in Albania. Cinquecento milioni di fatturato annuo. Buona salute a tutti.
di Antonello Caporale e Emiliano Liuzzi