Cultura

Il Festival del Cinema di Roma tra Quentin e Uòlter

Quentin TarantinoTarantino? Lo vedrete presto qui. Django Unchained calcherà le assi del palcoscenico dell’Auditorium”. Il nuovo film di Quentin non è in cartellone al VII Festival di Roma, ma il neodirettore Marco Müller in conferenza rassicura la stampa e, a latere, il sindaco Alemanno, assente come tutti i politici, eccetto l’assessore Santini della Regione. Ma come e quando vedremo questo western-spaghetti che il neodirettore impugnò quale lusinghiero biglietto da visita per la sua discesa in campo?

Un antipasto di qualche minuto durante il festival, dal 9 al 17 novembre, oppure, più probabile, un’anteprima di gala a gennaio, che darebbe un colpo al cerchio – pararsi il culo – e uno alla botte: “permanentizzare” la kermesse, estendendola al di fuori delle date canoniche e dell’Auditorium. Il sogno di Müller è confesso: “Un tappeto rosso che ricopra tutta Piazza Barberini, gli hotel di Via Veneto pieni, per ritrovare il sapore della Dolce Vita” e mettere le mani sulla città, con il cuore alle sinergie culturali del compianto Renato Nicolini e gli occhi sulla Sala Trevi del Centro Sperimentale e – nell’aria il cambio di poltrone – la Casa del Cinema. Ma per ora si rimane all’Auditorium, e si sta come d’autunno sugli alberi le foglie: con il “nemico” Zingaretti in pole-position per la guida della Regione il prossimo sarà un altro festival di passione extra-cinematografica? Müller s’inalbera, rivendica i “soli 4 mesi e mezzo per dare un’impronta nuova” a quest’edizione, e butta nel Tevere appartenenze e alleanze politiche: “Pensate che sono qui con un’etichetta al collo?”. È qui con un programma che rispetta i proclami – 59 anteprime mondiali, 60 quelle promesse – ma non le attese: sogni infranti? “Macché, il mio sogno era inventare la sezione CinemaXXI per il cinema espanso, come la taglia delle camicia che ormai devo portare. E coinvolgere gli studios hollywoodiani con Bullet to the Head di Walter Hill, protagonista Sylvester Stallone, e l’animazione Rise of the Guardians, avere in concorso registi come Larry Clark e Kira Muratova. Certo, avessimo iniziato un anno fa a lavorare…”. Ma un carrozzone che costa 12 milioni (“4 dai soci fondatori, 8 devono essere reperiti dagli sponsor”, dice il presidente Paolo Ferrari) quante star mette sul tappeto rosso? “Le star non sono solo quelle americane, vogliamo parlare di Populaire, già salutato in Francia come il nuovo Quasi amici, con Romain Duris? Oppure Mental di P.J. Hogan, un remake psichedelico di Mary Poppins…”. Sarà che “l’identità del festival è schizofrenica e fratta”, ma che Romain Duris richiami le folle è quasi follia. Meglio tenersi stretti Stallone, Isabella Ferrari e Luca Argentero (E la chiamano estate di Paolo Franchi), Laura Chiatti e Alessandro Preziosi (Il volto di un’altra di Pappi Corsicato), Riccardo Scamarcio (Cosimo e Nicole di Francesco Amato) e salutare il ritorno di Walter Veltroni: non più deus ex machina della Festa che fu, ma autore del libro che Susanna Nicchiarelli porta a Prospettive Italia, La scoperta dell’alba.

C’è già un caso: S. B. io lo conoscevo bene, il documentario su ascesa e caduta di Berlusconi prodotto in collaborazione con la Regione Lazio, con interviste a Giuliano Ferrara, Paolo Guzzanti e Paolo Pillitteri. E ci sono 13 film in Concorso, più due a sorpresa, tra cui quelli di Valérie Donzelli, Takashi Miike, i figli di Jerzy, Jozef e Michal Skolimowski, Alexei Fedorchenko, il figlio di Francis Ford, Roman Coppola, e per l’Italia, con Franchi e Corsicato, Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi. Vedremo. Fuori competizione, Michele Placido (Il cecchino) e l’ultima parte della saga Twilight, mentre in CinemaXXI spunta Paul Verhoeven con il compartecipato Tricked. Rimangono i biglietti da staccare: 30 quello per la Sinopoli in prima serata. Rimane Pietro Valsecchi, il demiurgo di Taodue, che premierà le opere prime e seconde con La telecamera d’oro: “Non servono le polemiche, tutti coesi per il bene del cinema italiano”. Al suo fianco, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio. I soliti idioti.

Il Fatto Quotidiano, 11 ottobre 2012

(Nella foto: Quentin Tarantino – Lapresse)