Il gip di Milano Vincenzo Tutinelli ha respinto la richiesta della procura di Milano di prolungare la custodia preventiva di altri tre mesi nei confronti di Pierangelo Daccò e dell’ex assessore alla sanità (negli anni Novanta) Antonio Simone. Per quest’ultimo sabato prossimo scadranno i termini della carcerazione e quindi tornerà libero. Diversa la posizione dell’uomo d’affari legato a Roberto Formigoni che resterà in carcere. Daccò, già condannato per il dissesto del San Raffaele a dieci anni, nonostante la decisione di oggi del gip resterà in carcere. E anche Formigoni, indagato nella stessa inchiesta per corruzione, in una giornata in tempesta per altre ragioni politico-giudiziarie, si felicita tramite Twitter: “E’ una buona notizia”
Per Daccò e Simone la Procura aveva chiesto al gip una proroga straordinaria di 3 mesi. I pm avevano giustificato questa richiesta sostenendo che Simone e Daccò lasciati in libertà “possono incidere ancora e illecitamente” sull’attività del Pirellone in quanto “la complicità” con il presidente Formigoni li dota di un “formidabile potere” di “influenzare e direzionare l’attività amministrativa della Lombardia”.
Una definizione che, a prescindere dall’esito della richiesta, il gip conferma: hanno, scrive il giudice, “una capacità di influenzare comportamenti della amministrazione regionale e di far valere i legami di vicinanza che esponevano a proprio vantaggio”. “Si tratta di soggetti – continua Tutinelli nel suo decreto – che hanno evidenziato una spiccata professionalità nella commissione dei reati contestati e una sorprendente disponibilità di strumenti e intermediari sia nei rapporti con la pubblica amministrazione sia nella commissione dei reati di stampo patrimoniale e finanziario”.
Tuttavia “la permanenza di gravi indizi e delle esigenze cautelari” non giustifica la proroga della loro carcerazione. Nel provvedimento il gip sottolinea che anche se i reati sono oggetto “di clamorosi riscontri documentali e dichiarativi” non è automatico l’accoglimento della proroga che invece viene concessa soltanto in casi straordinari. Il giudice chiarisce che la proroga spesso viene attribuita in indagini sulla criminalità organizzata che presentano una particolare complessità. Concederla sempre, è il suo ragionamento, quando ci sono esigenze di custodia cautelare, farebbe venir meno lo “spirito” della carcerazione preventiva.