A volte i fili della memoria si riannodano e formano un tessuto di ricordi, di memorie, di storie che all’improvviso emergono. Occorre un’occasione. Collaboro con un mensile che si chiama “Vomero Magazine”, un piccolo giornale distribuito gratuitamente in ventimila copie che ogni quattro settimane invade le strade dei quartieri Vomero e Arenella a Napoli. Sono inciampato quasi per caso in una bella storia che ha come protagonista il pluridecorato Ernesto Greco. Lui è un vomerese doc e soprattutto uno dei protagonisti del secolo breve. E’ un sopravvissuto – forse l’unico – ancora in vita all’affondamento del cacciatorpediniere “Bersagliere” in cui persero la vita 59 membri del suo equipaggio. Ernesto restò ferito in modo grave: una scheggia lo colpì in varie parti del corpo, e nonostante sofferenze e invalidità non ha mai richiesto la pensione di guerra “per rispetto dei miei compagni che perirono in quel tragico evento”. Senza parole. Nel paese e nella città dei falsi invalidi, delle pensioni costruite a tavolino dove è “normale” incontrare ciechi che guidano l’auto, paraplegici che giocano a pallone e allettati in sella alla moto, mi è sembrato davvero commovente e singolare sentirmi dire : “Non ho mai richiesto la pensione per rispetto”.
La storia della vita di Ernesto Greco cammina parallela con la storia del cacciatorpediniere “Bersagliere” varato il 3 luglio 1938 ed entrato in servizio il primo aprile 1939. Nel breve periodo prebellico l’equipaggio effettuò un’attività di addestramento e di rappresentanza partecipando alla rivista navale del 1939 nel Golfo di Napoli in onore del reggente di Jugoslavia. E’ storia in bianco e nero. Il nostro amico Ernesto è un giovanotto di appena 93 anni, l’età, a volte, è solo un dettaglio trascurabile. A 20 anni Ernesto è un marinaio di leva a Maridepo di Taranto e non sarà il solo. Lì ci finiranno per essere addestrati migliaia di soldati pronti a servire la patria giusto o sbagliato che sia. Il momento è delicato. Le cose cominciarono a cambiare. Ci fu un’accelerazione. Il nostro paese sciaguratamente entrò in guerra contro Francia e Inghilterra. A Maridepo di Taranto arrivarono moltissimi militari delle tre armi. Non c’era tempo neppure per pensare, riflettere e capire cosa stesse accadendo. Ernesto Greco prende la via del mare e s’imbarca sul cacciatorpediniere “Bersagliere” della Regia Marina nel settembre 1939 con la qualifica di Marò comune di 1^ classe (segnalatore) per poi diventare Marò scelto.
Il 7 luglio 1940, alle 12.35, il cacciatorpediniere dopo il lavoro di addestramento lasciò il porto di Palermo insieme alle unità sezionarie e alla VII Divisione incrociatori (Eugenio di Savoia, Duca d’Aosta, Attendolo e Montecuccoli), congiungendosi poi con il resto della II Squadra Navale che, dopo aver svolto il ruolo di forza di appoggio ad un’operazione di convogliamento per la Libia, si unì alla I Squadra e partecipò alla battaglia di Punta Stilo del 9 luglio. Seguirono molte missioni di scorta e localizzazione di sommergibili. Ernesto Greco segue il suo destino sul cacciatorpediniere “Bersagliere” impegnato prevalentemente in operazioni di accompagnamento delle navi cisterne. E proprio in questo scenario parteciperà alla prima e seconda battaglia della Sirte. Una battaglia navale tra la Royal Navy e la Regia Marina, uno tra gli scontri più duri durante la seconda guerra mondiale avvenuto il 17 dicembre 1941 nel Mar Mediterraneo a nord del Golfo della Sirte e ad occidente di Malta. Questo episodio venne anche ribattezzato come la “Battaglia dei convogli” che terminò con una vittoria italiana, anche se entrambe le forze riuscirono a completare le loro missioni di scorta. Qualche tempo dopo seguì anche l’occupazione dell’isola di Lissa. Durante il conflitto 1940 -1943 complessivamente il cacciatorpediniere “Bersagliere” svolse 146 missioni tra scorte e ricerca del nemico percorrendo oltre 53.700 miglia. Anni vissuti a contatto con la morte che non turbarono e non fecero diminuire l’impegno di Ernesto Greco.
Non mancarono i momenti tragici e drammatici che possono segnare l’intera vita di un uomo come quando il giorno dopo l’epifania del 1943 nel porto di Palermo al molo Sud il cacciatorpediniere “Bersagliere” subì un attacco violentissimo. Mentre si trovava ormeggiato, Palermo entrò nel mirino di dieci bombardieri della 9ª USAAF, obiettivo dell’attacco fu proprio il porto. Cinque minuti dopo l’inizio dell’azione militare il cacciatorpediniere “Bersagliere” fu colpito da due bombe. Ernesto Greco era come sempre a bordo insieme ai suoi compagni. La nave sbandò quasi subito sulla dritta, poi, rapidamente, si abbatté sul fianco affondando nelle acque del porto. Alcuni uomini rimasero intrappolati all’interno dello scafo, affondato in pochi metri d’acqua, ma non fu possibile salvarli: non poterono che dare un ultimo saluto da dietro gli oblò. Nell’affondamento del “Bersagliere” persero la vita complessivamente 59 membri del suo equipaggio. In pochi si salvarono. Ernesto Greco fu colpito da diverse schegge in varie parti del corpo: testa, braccio destro, ginocchio destro. Fu ricoverato in gravi condizioni nell’ospedale di Palermo dove si salvò. Fu uno dei pochi a salvarsi e oggi forse è l’unico dei superstiti ancora in vita. In memoria delle vittime dell’affondamento il molo sud del porto di Palermo è stato ribattezzato “Molo C.T. Bersagliere”. “Per rispetto ai miei compagni che perirono in quel tragico evento – spiega Ernesto Greco – non ho mai fatto richiesta, e non me ne sono mai pentito, di una pensione di guerra. E’ qualcosa che ancora oggi mi rende fiero”. La storia di Ernesto Greco è una storia unica, una storia emersa dopo anni, una storia da raccontare.