Cronaca

Padova, il bambino trascinato per eseguire l’affido. Il padre: “Ora sta bene”

Leonardo, 10 anni, è al centro di una contesa tra genitori separati. Secondo il provvedimento della sezione minori della Corte d’Appello di Venezia, deve essere affidato ad una comunità indicata dall'autorità giudiziaria perché, denuncia la madre, gli era stata diagnosticata la sindrome da alienazione parentale

Un bambino strattonato, trascinato da alcuni agenti intervenuti per eseguire un provvedimento di affidamento in via esclusiva al padre. Le immagini shock del ragazzino di 10 anni di Padova girate dal telefonino della zia sono state trasmesse ieri dalla trasmissione Chi l’ha visto, scatenando numerose reazioni politiche, con il presidente del Senato Renato Schifani che ha chiesto chiarimenti urgenti e il capo della polizia che ha annunciato un’inchiesta interna.

Decisione della Corte d’Appello
Il piccolo Leonardo è al centro di una contesa tra i genitori divorziati. Secondo il provvedimento della sezione minori della Corte d’Appello di Venezia, deve essere affidato ad una comunità indicata dall’autorità giudiziaria. L’intervento degli agenti è stato eseguito a scuola perché, è stato riferito, i tentativi fatti in passato presso la casa materna e dei nonni non avevano avuto l’esito sperato perché il bambino si nascondeva alla vista degli assistenti sociali e del personale sanitario di volta in volta intervenuto. Secondo la spiegazione ufficiale, dopo che la Corte d’Appello ha rigettato un ricorso finalizzato alla sospensione del provvedimento di affidamento al padre presentato dalla madre, anche su indicazione di un consulente della stessa Corte d’Appello, la polizia “ha individuato il plesso scolastico e deciso fosse il solo luogo idoneo all’esecuzione del provvedimento”. La scuola, si legge nella nota diffusa dalla questura, è stata considerata un posto “neutro e, quindi, idoneo all’esecuzione”.

La madre 
Secondo quanto ha spiegato a Mattino Cinque la madre Ombretta Giglione “Leonardo è stato portato in comunità perché la Corte d’Appello ha emesso un decreto sulla base del fatto che al bambino era stata diagnosticata la PAS (sindrome da alienazione parentale). Secondo la Pas, se il bambino non viene prelevato dalla famiglia materna e resettato in un luogo neutro, come una sorta di depurazione, non potrà mai riallacciare il rapporto con il padre. Tutto questo in base ad una scienza spazzatura che arriva dall’America”. “In Italia – ha proseguito – ci sono modi più civili per far riallacciare i rapporti tra padre e figlio; Leonardo vedeva suo padre in incontri protetti una volta alla settimana, ogni settimana”. “Ieri sera sono andata nella casa famiglia nella quale è stato portato mio figlio, ma mi hanno impedito di vederlo. Ero con il pediatra e ho chiesto che il bambino venisse visitato perché, visto il modo barbaro con il quale è stato trascinato via da scuola, aveva sicuramente riportato qualche trauma, ma, soprattutto, volevo accertarmi del suo stato psicologico. Ma questo non mi è stato permesso”, ha concluso. 

Il padre
Ma il padre, avvocato, ha raccontato di aver “salvato” il figlio, e che “ora è sereno e sta bene. L’importante è questo. Ho pranzato, giocato alla playstation e poi cenato con lui e l’ho messo a letto. Era anni che non lo facevo ed è stata una bella emozione”. “Sono riuscito ad abbracciare mio figlio – ha aggiunto –  dopo che per tanti anni ciò è stato impedito a me e ai miei famigliari, non solo dalla madre ma anche dai suoi parenti”.  

Ha spiegato che suo figlio è “inserito provvisoriamente in una comunità adatta al suo recupero, prima di essere affidato a me”. Ha sottolineato poi che la corte d’appello di Venezia “ha emesso un provvedimento grave che ha portato alla decisione di far decadere la patria potestà della madre e il motivo di ciò è consistito nell’aver attuato un’ostruzionismo strenuo che ha impedito la frequentazione tra me e io mio figlio. Per cui, di fatto, – ha osservato – il bambino non l’ho più visto. Anche perché il comportamento della madre e dei suoi familiari ha cagionato al bambino una psicopatologia secondo la quale mio figlio è esposto ad un rischio altissimo di patire dei disturbi mentali nel corso dell’evoluzione”.

L’uomo ha raccontato che prima di arrivare a questa “sofferta decisione” ci sono stati altri quattro provvedimenti giudiziari e le decisioni prese sono state “ponderate e approfondite ed avanzate tutte le possibilità per convincere la madre del piccolo a cambiare atteggiamento, di seguire dei percorsi meno incisivi di quello finale ma sono andati sempre falliti”. “Il bambino – ha ribadito – necessita di un sostegno di psicoterapeuti qualificati e finora non è stato possibile”. Il bambino, ha evidenziato, ha un “condizionamento che lo porta ad avere comportamenti che non sono autentici. Non bisogna fermarsi al dato formale e apparente del bambino che fa resistenza, come si è visto ieri a scuola, perché il bambino quando si comporta così è vittima del condizionamento”.

“Ho salvato mio figlio. – ha ripetuto – e inevitabilmente i momenti difficili sono stati tantissimi. Io per primo avverto una pesantezza però ho la consapevolezza di fare il bene di mio figlio. Penso come padre di aver diritto a frequentarlo come mio figlio, ancor prima, ha diritto di frequentare me e quindi di avere un padre. Io e la mia famiglia – ha ricordato – siamo stati totalmente eliminati dalla vita di mio figlio per periodi lunghissimi. E’ una situazione drammatica che non auguro a nessun figlio e a nessun padre e per la corretta evoluzione di un bambino penso si debba mantenere dei rapporti significativi con entrambi i rami parentali. O bisogna lasciare crescere il figlio, sono solo orfano del padre, ma educato all’odio del padre?”. Dopo il periodo in comunità, ha detto, non eviterà alla madre di vedere suo figlio ricordando infine che “se i genitori si comportassero bene non si sarebbe alcun bisogno della legge”.