Tra i tagli della Legge di stabilità appena approvata si prevede l'abbassamento del tetto di spesa per gli apparecchi biomedicali dal 4,9 al 4 % sul totale delle spese sanitarie. Tetto che dal 2014 scenderà addirittura al 3,9 %. "Oltre alla mancanza d'aiuto per ripartire anche la delusione dei tagli, non ci fidiamo più del governo"
Dopo il danno ecco arrivare puntuale la beffa. Mentre ancora a Mirandola e dintorni si aspettano gli aiuti dello Stato alle imprese per risollevarsi dalla botta del terremoto che a maggio ha colpito l’Emilia, il governo di Mario Monti ha preparato nella notte l’ultima pozione letale. Tra i vari tagli della Legge di stabilità (una volta si chiamava Finanziaria), approvata nel lungo Consiglio dei ministri della scorsa notte si prevede infatti l’abbassamento del tetto di spesa per gli apparecchi biomedicali dal 4,9 al 4 % sul totale delle spese sanitarie. Tetto che dal 2014 scenderà addirittura al 3,9 %. Per le industrie del distretto di Mirandola l’ennesimo colpo di clava: le Asl infatti avranno meno soldi per spendere nelle attrezzature costruite proprio nelle fabbriche emiliane che in questi mesi avevano fatto tanto per risollevarsi.
La crisi nera del polo biomedicale di Mirandola non sembra avere mai fine: ieri i dati sul crollo delle esportazioni oggi la notizia che potrebbe segnare anche il mercato interno. “Ci sentiamo profondamente delusi dalle scelte del governo, che colpiscono un territorio danneggiato non solo dalla crisi economica, ma anche dal terremoto”, spiega a ilfattoquotidiano.it Giuliana Gavioli, responsabile di Confindustria Modena per il biomedicale. “Qui non si fa che lavorare, non abbiamo visto ferie quest’estate e siamo tutti stanchi perché stiamo dando il massimo affinché la produzione possa ritornare ai livelli normali. Ma questa ennesima botta inferta da chi dovrebbe darci una mano è una grossa delusione”.
Nella Bassa, dove le scosse hanno provocato solo a questo settore circa mezzo miliardo di danni, si lavora incessantemente per ripartire, riavviare la produzione e recuperare ciò che è andato perduto in pochi attimi. Da Roma però arrivano vessazioni pesanti invece degli aiuti promessi a maggio, quando molte aziende, anche multinazionali, promisero che non avrebbero de-localizzato all’estero “nonostante tutto”, salvando migliaia di posti di lavoro e dando una speranza all’economia locale che, come aveva spiegato solo pochi mesi fa il sindaco di Mirandola Maino Benatti, dipende strettamente dalla produttività di quelle aziende che costruiscono reni e cuori artificiali.
Appena ieri come detto erano stati pubblicati i dati che davano in difficoltà le esportazioni del settore a causa del sisma. Secondo uno studio di Intesa Sanpaolo nel secondo trimestre 2012, il biomedicale mirandolese ha raggiunto “i minimi storici”, con un crollo dell’export del 39 %, fino a 55 milioni di euro in meno rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Un colpo durissimo che non riguarda solo questo settore, ma anche gli altri comparti produttivi del modenese e soprattutto l’Emilia che, si stima, quest’anno, secondo Unioncamere e Prometeia, perderà in termini di Pil circa il 2,5 %. Peggio della media nazionale italiana.
“Noi abbiamo fatto il massimo per rispondere alle emergenze e sopperire alle necessità degli ospedali italiani e esteri che si riforniscono da noi – spiega oggi Giuliana Gavioli, che è anche dirigente della B Braun, una delle aziende principali del polo biomedicale – ma è chiaro che andare avanti non è facile”. Tra le norme, le ordinanze e i decreti dello Stato, le aziende di aiuti economici, nel concreto, ancora non ne hanno visti. E sebbene una buona parte abbia ricominciato a produrre, come la Bellco, la B Braun, la Sorin, la Gambro, altre sono ancora ferme.
Nel cluster di Mirandola composto da 120 aziende e circa 5.000 addetti, oltre il 70 % delle imprese ha subito danni strutturali in seguito alle scosse. “Tutti i segnali positivi che ci sono stati, e ce ne sono – racconta ancora Gavioli – sono avvenuti grazie alle nostre sole forza. Tuttavia sono certa che domani, quando ci riuniremo per parlare dell’ordinanza relativa alla ricostruzione delle imprese distrutte o danneggiate dal sisma del maggio scorso, ci saranno molte proteste. Perché tra il pagamento delle tasse e i fabbricati da ricostruire, solo noi stiamo costruendo tremila metri di magazzini, il quadro è allarmante”.
Solo ieri intanto in Regione si è presentata la procedura che le imprese dovranno seguire per avere un indennizzo dei propri danni. “Il nostro obiettivo è far si che quando l’azienda riapre possa essere competitiva e ‘correre’ come prima del sisma”, ha detto l’assessore regionale alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli. Belle parole, ma se a Bologna creano e a Roma, nella notte disfano, sarà una ricostruzione difficile.
di Annalisa Dall’Oca e David Marceddu