Se in Lombardia c’è chi compra i voti dalla ‘ndrangheta, in Sicilia c’è chi la mafia non solo non la combatte ma rischia addirittura di favorirla. Accade a Trapani, santuario della nuova mafia dei Messina Denaro, dove la giunta provinciale ha deliberato di non avvalersi più del proprio Ufficio legale, lo stesso che fino ad ora la rappresentava come parte civile.
Come si è arrivati a una decisione così grave, quasi un cadeau ai mafiosi sotto processo? Artefice di questa mossa, avvenuta il giorno dopo la firma del protocollo di legalità alla presenza del ministro dell’Interno Cancellieri, è l’ex presidente della giunta provinciale Mimmo Turano, attualmente in corsa per le regionali del 28 ottobre. Prima di dimettersi dalla carica, Turano ha chiesto agli uffici competenti di modificare il regolamento dell’Ufficio legale. Nella fattispecie, si è deliberato che l’Avvocatura provinciale non abbia più fra le sue funzioni quella di occuparsi di materia penale, impedendo, di fatto, la costituzione di parte civile nei processi contro la criminalità organizzata.
L’applicazione del nuovo regolamento, che nelle intenzioni di chi l’ha varato ha valore retroattivo, sarebbe devastante per i cinque processi di mafia attualmente in corso, due dei quali particolarmente significativi: il primo contro il super latitante Matteo Messina Denaro (ricercato dal 1993), il secondo contro i presunti assassini di Mauro Rostagno, il giornalista e sociologo assassinato quasi 24 anni fa. Nelle prossime udienze, gli imputati potrebbero contestare la presenza degli avvocati della Provincia, non più abilitati a rappresentare l’Ente e, con esso, la società civile trapanese.
Ma il Consiglio provinciale è sciolto, la Provincia commissariata e l’attuale commissario, l’ex sindaco di Bagherìa Luciana Giammanco, non sembra voler riconoscere valore a questa misura. Il nuovo regolamento, poi, offre una scappatoia: la Provincia può ancora costituirsi parte civile, ma previa delibera speciale da approvare di volta in volta e affidando l’incarico ad avvocati esterni, con parcelle (salate) a carico dell’amministrazione. Non è, questo, l’unico atto del presidente uscente ad aver suscitato scalpore: all’ultimo minuto Turano ha firmato due delibere per 800mila euro dichiarate poi non regolari proprio dall’Avvocatura.
Mentre i processi di mafia, in particolare il processo Rostagno, marciano a fatica (udienze saltate, testi mancanti) e, ora, anche senza l’importante rappresentanza della Provincia, la lotta alla mafia e alla criminalità registra ulteriori battute d’arresto. Ma sarebbe meglio dire, false partenze: l’Osservatorio della legalità, fortemente voluto e pubblicizzato proprio da Turano nel 2010, non è mai decollato. L’Osservatorio, cui è fra le altre cose è demandata la verifica delle condizioni di legalità e trasparenza delle procedure d’appalto, in due anni non ha prodotto un richiamo, un controllo, un’istanza. E sì che la materia sulla quale indagare non mancava: dagli 800mila euro stanziati per iniziative mai svolte ai 225 ettari di terreno di proprietà della Provincia dati in concessione per vent’anni alla ridicola cifra di 10mila euro l’anno.