A che serve che il Governo promuova la nascita di nuove imprese se poi l’Inps le uccide nella culla? Questa che vi racconto è una storia vera che conosco da “persona informata dei fatti” e che mi ha amareggiato profondamente perché evidenzia l’ingiustizia sostanziale di uno Stato che non si vergogna di mostrare il suo volto più ottuso, anche se “a rigore di legge”.

Nel settembre del 2008 avevo scritto su un blog palermitano quella che poteva restare solo una provocazione sul tema della disoccupazione giovanile. Un disoccupato –scrivevo- dispone per definizione di una risorsa preziosa, il tempo: si potrebbe allora costituire un’impresa finalizzata ad organizzare lo scambio del tempo tra chi potrebbe avere interesse a recuperarne a favore della propria attività, famiglia, tempo libero, ecc. delegando a persona affidabile mansioni semplici, dal pagare una bolletta alla posta a salire. Il tempo di un produttore di reddito, in proporzione allo stesso, dovrebbe valere per definizione più di quello di un disoccupato: da qui la convenienza economica dello scambio. Un’idea semplice, quindi, da abc dell’impresa che comunque in un territorio povero di cultura di impresa e di mercato poteva avere un valore educativo ed esemplare rispetto all’attesa del “posto” normalmente intermediato dalla politica.

Un ragazzo validissimo, Adriano, mi contattò dicendomi che l’idea gli era piaciuta e che voleva cimentarsi a metterla in pratica. Decisi di non limitarmi alla sola spiegazione più dettagliata dell’idea e diventai di fatto un business angel aiutando un gruppo di ragazzi volenterosi a diventare imprenditori. Fu così che nacque la Cooperativa Factotum. In una città dove la gente perde ore nel traffico (vero ammortizzatore sociale), forse il valore del tempo era meno avvertito che altrove e per questo mi premurai di suggerire loro altri spunti imprenditoriali, frutto della mia esperienza lavorativa: suggerii loro di organizzare il servizio “Ikea Express” che consisteva nel raccogliere ordini attraverso un sito internet, affittare camion, imbarcarsi per Napoli dove -all’epoca- c’era il più vicino store, per caricare poi la merce da consegnare ed eventualmente montare al ritorno a Palermo.

A parole può sembrare una cosa semplice, ma poiché i ragazzi intendevano svolgere il loro lavoro nel rispetto delle leggi, con contratti ben definiti e servizi competitivi e fatturati, nel gestire migliaia di articoli della multinazionale svedese dai nomi ostrogoti mostrarono una rara efficienza che fu apprezzata pubblicamente dall’Ikea. Un servizio povero, ma che ebbe un immediato successo consentendo a questi ragazzi di cominciare a guadagnare e a provare l’ebbrezza dell’indipendenza economica.

La forma cooperativa con le sue prerogative contributive agevolate appariva la più funzionale al modello di business, tanto da consentire l’essenziale sostenibilità del business plan. Vi anticipo quindi l’epilogo della storia, prima della necessaria spiegazione tecnica di quanto è avvenuto. Dopo circa due anni di attività, gli ispettori dell’Inps hanno comminato nei mesi scorsi un verbale di circa 30.000,00 euro che porterà la Cooperativa Factotum necessariamente a chiudere anche perché le agevolazioni contributive vengono immediatamente sospese. I 30.000 euro rappresentano infatti la revoca delle agevolazioni concesse nei 3 anni precedenti.

La legge prevede che bisogna scegliere come livelli reddituali e contributivi minimi quelli riferiti al contratto collettivo siglato dalle organizzazioni sindacali “comparativamente più rappresentative a livello nazionale”. La ratio di questa norma è di evitare che i lavoratori dipendenti possano essere “sfruttati” dalle aziende. Le cooperative rappresentano una fattispecie societaria molto particolare poiché teoricamente i lavoratori non hanno un “padrone”, ma si autodeterminano ed è evidente che nel caso in questione non ci fosse alcun abuso da parte di un “padrone” esterno.

La legge particolare per le Cooperative prevede l’esistenza di un regolamento socio lavoratore-cooperativa che deve essere approvato dall’assemblea dei soci con l’individuazione del contratto collettivo prescelto per tutti i rapporti lavorativi della società. Questo regolamento va depositato entro 60 giorni dall’avvio della Cooperativa presso l’Ispettorato del lavoro. La Factotum l’aveva deliberato all’unanimità prima di cominciare l’attività lavorativa scegliendo come contratto il Cisal relativo al settore commercio e terziario per ciò che riguarda le cooperative di lavoro. Un contratto che per una cooperativa di lavoro poteva essere più rappresentativo a livello nazionale rispetto al generico contratto collettivo Cgil/Cisl/Uil per il terziario e commercio.

Sono stati tra i pochi ad avere depositato il regolamento presso l’Ispettorato del lavoro. Hanno dichiarato dunque alle autorità competenti prima di cominciare a lavorare quale contratto avrebbero utilizzato. Le autorità competenti erano a conoscenza della scelta sin dall’inizio, ma non hanno fatto alcuna contestazione e allora a che serve il deposito se nessuno fa una verifica? In termini di diritto, inoltre, esiste della giurisprudenza (sentenze passate in giudicato) che in casi del tutto analoghi a quello della Factotum, ha dato ragione alla cooperativa rispetto alle richieste dell’Inps. Emblematico è quanto stabilito dalla sentenza 1215/2009 della Corte d’Appello di Torino. Anche in quel caso l’Inps nel suo verbale affermava semplicemente che il contratto maggiormente rappresentativo fosse quello di Cgil/Cisl/Uil. La Corte, rigettando il ricorso dell’INPS e citando diverse sentenze della Corte di Cassazione (nn. 3912 – 4510 – 4524 – 4548 – 4781 – 4958 – 4962 – 6174 del 1999 e sentenza n. 2268 del 1.3.2000), ha ribadito il principio secondo il quale  “è onere dell’INPS, in materia di determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi, fornire la prova della dedotta maggiore rappresentatività di un sindacato firmatario di un contratto collettivo del quale si invochi l’applicazione”. Da sottolineare che nel caso di Torino è stato determinante il fatto che la Cooperativa avesse depositato il regolamento socio lavoratore-cooperativa, con indicazione esplicita del contratto (esattamente come fatto dalla Cooperativa Factotum). Vi sono anche altre sentenze della Corte di Cassazione che testimoniano come la rappresentatività comparata sia un concetto da valutare (dunque non è detto che Cgil/Cisl/Uil lo siano a priori). Insomma l’Inps già nel verbale avrebbe dovuto citare per quali motivi il contratto che lei ha indicato era quello maggiormente rappresentativo per l’attività e il settore della Cooperativa Factotum.

Di fronte a tanta inflessibilità degna di miglior causa, soprattutto di questi tempi, ho pensato ad un’inconfessabile motivazione di questo atteggiamento. Gli accertamenti degli ispettori Inps (che come soluzione proponevano di ridurre il personale visto che non si era in grado di pagare i contributi!!!) concorrono a formare il monte crediti dello Stato con il quale si pareggia il bilancio nazionale, ma sarà un bilancio veritiero?

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