Come madre, come cittadina, come essere pensante. A veder il video/choc del bambino prelevato con forza dalla scuola per provvedimento d’urgenza della Sezione Minori della Corte d’Appello di Venezia. Trascinato per terra, bloccandogli mani e piedi, il bambino si dimenava, si contorceva, scalciava, piangeva, urlava alla zia di aiutarlo. Più si disperava e più quelle manone di poliziotto (erano in due o in tre) gli stringevano polsi e caviglie.
Colpo di scena, un paio di quelle mani sarebbero state del padre del bambino – almeno a detta del questore di Padova, Vincenzo Montemagno. Ecco le sue “sacrosante” parole: “A un certo punto il bambino si è buttato a terra: è un ragazzino corpulento e per questo il padre ha chiesto aiuto a uno dei nostri agenti per sollevarlo da terra e portarlo in auto”. Poi siccome il questore non sapeva cos’altro aggiungere l’ha detta grossa: “Spettacolarizzazione dei familiari della mamma”.
No, caro questore, non siamo a Hollywood sul set del remake di Kramer contro Kramer.
Sono schifata. Neanche un talebano si accanirebbe così su una ragazzina, perché, magari, si è dimenticata di imbacuccarsi nel burqa.
I bambini non sono merce di scambio. Hanno una voce, eccome, che va ascoltata.
Parlo da madre separata, il più grande aveva la stessa età del bambino di Padova, dopo enormi difficoltà iniziali, siamo arrivati con il mio ex all’affido congiunto. Ma non ce lo ha ordinato il giudice, ci siamo arrivati con il buon senso che ogni genitore dovrebbe mettere innanzi alle loro meschine rappresaglie (e due anni dopo la separazione al compito in classe “Descrivi la tua famiglia” mio figlio scriveva: Abito con mia madre, mio padre e mia sorella…significava che il suo equilibrio era intatto).
Caro giudice, esperto di questioni minorili, se un bambino di dieci anni, grande abbastanza per decidere, (ma non davanti alla legge), si nasconde sotto il letto quando arriva la prima ordinanza, quando arriva la seconda i nonni gli fanno da barriera protettrice, cerca di scappare quando arriva la terza, qualche dubbio prima di emettere sentenza mi verrebbe. E nei panni del padre qualche domanda me la farei.
Ritorno alla scuola di Cittadella (provincia di Padova) dove il prelevamento forzato avveniva davanti agli sguardi smarriti dei compagni di classe e sotto l’occhio impietoso di un ispettore di polizia donna. Sicuramente non madre, altrimenti che razza di genitrice sarebbe una che non muove un dito davanti a questa messa in scena dell’orrore.
E alla zia del bambino intimava così: “Io, sono un ispettore di polizia. Lei non è nessuno”. Già l’arroganza meriterebbe la sospensione dal “pubblico” servizio. Ribadisco pubblico, nel senso al servizio del cittadino, cioè nostro.
No, caro dott. Antonio Manganelli ( ndr. del capo della Polizia questo blog se ne è già occupato in passato) delle sue scuse non so cosa farmene. Reclamo a gran voce la sospensione del servizio delle forze dell’ordine (macché ordine!) che hanno messo le mani addosso al bambino.
Chi sbaglia paga, in uno stato di diritto. Non di polizia.