Avevo pensato di non dire nulla sullo show televisivo di Celentano. Ero già stufo di tutto quello che avevo sentito, letto e anche detto l’inverno scorso, dopo la sua esibizione sanremese.
Ma vista la portata dell’evento, la sua ricaduta mediatica, l’ampiezza e la trasversalità del successo, non riesco a star fuori dal dibattito. Anche se la mia opinione sull’argomento può sembrare cerchiobottista. Il fatto è che adoro Celentano cantante; l’altra sera, quando ha attaccato, poi interrotto e poi riattaccato lo strepitoso incipit di Sei rimasta sola, per poi cantarla a due voci con Morandi, quasi mi veniva da piangere. Troppo belle le sue canzoni. E – questa è stata la sorpresa più piacevole – le canta ancora bene. Certo, non si ricorda più una parola, come gli fece notare Benigni ospite di Rockpilitik già un bel po’ di anni fa. Ma il timbro è sempre il suo, inconfondibile e, sia pure con un po’ di cautela, riesce ancora a proporre qualcuno dei celebri movimenti da molleggiato.
Ma proprio per questo non riesco a capire la sua ostinazione a proporre sermoni e a invitare ospiti che disquisiscono sui massimi sistemi. Non voglio neanche entrare nel merito dei contenuti dei sermoni e delle disquisizioni. Che in gran parte condivido ma che, in quel contesto, mi annoiano terribilmente e appena iniziano non vedo l’ora che finiscano per lasciare spazio alla musica. Non so neppure dire se quelle tirate in prima persona, o affidate a terzi di grande fama, siano virtuose occasioni per sensibilizzare chi di solito è estraneo a quei temi o inutili banalizzazioni che, anziché informare e divulgare, deformano i problemi e confondono le idee. La cosa che mi colpisce davvero è il carattere pleonastico, tremendamente, clamorosamente pleonastico che avvolge tutte quelle chiacchiere. Insomma, due versi come “torna e non trova gli amici che aveva/solo case su case catrame e cemento”, un’immagine meravigliosa come quella di “un albero di trenta piani” dicono già tutto. Aggiungere spiegazioni, argomentazioni, teorizzazioni, anche convincenti e prestigiose, non serve a nulla, anzi spegne la forza e l’aura della poesia.
Tuttavia un dato positivo e confortante dal nuovo show di Celentano è emerso. Rispetto al passato, all’esibizione sanremese per esempio, le parti chiacchierate si sono di gran lunga ridotte e quelle cantate sono aumentate. Bene! Avanti così! Ancora un piccolo sforzo e ci siamo. Proseguendo su questa strada, tra pochi anni, magari in occasione dell’ottantesimo compleanno del molleggiato, riusciremo a vedere un suo concerto senza sermoni e con tante canzoni.