Sorpresa: Parma ha un buco di seicento milioni, non quegli ottocento e passa che diceva il commissario Ciclosi: sono almeno duecento in meno. Così succede che chi governava prima, defunto alle elezioni di maggio, all’improvviso rigurgiti l’orgoglio del debito meno peggio. E’ quel che resta del Pdl, che nella galleria scavata in questi anni verso il centro della terra non è mai mancato e ora, dal fondo del pozzo, vede una luce lassù in alto.
Lo confesso: a volte sono ammirato da questi che vanno in giro a testa alta, camminano in pubblico, perseverano in ruoli che li hanno resi protagonisti di un carotaggio economico tale da prolungare la fama di Parma oltre il crack Parmalat, hanno sorrisi che non cambiano e moralismi di serie. Mi domando come mi sentirei io se fossi stato in quella squadra che ha portato Parma ad investire su tutto e alle spalle lasciarsi una strage di vanità incompiute, mi chiedo se sarei capace di andare in giro col petto in fuori a sventolare con fierezza che quel pozzo è profondo “solo” seicento milioni di euro.
Ci sono voluti anni perchè Parma, con la connivenza di una cittadinanza assuefatta all’indifferenza, cadesse così in basso, ma è certo che per creare una voragine di queste dimensioni occorre talento e nemmeno improvvisato dalla notte al giorno. In questo Paese, feudo della politica, si può spalare melma fino in fondo al buco senza nemmeno sporcarsi la suola delle scarpe e camminare a testa alta. Ma per farlo occorre competenza, preparazione, autostima e stile: ecco perché siamo nella merda e ci dicono che è concime.