Da oggi la data è ufficiale, le primarie del centrosinistra si svolgeranno il 25 novembre. La rete, però, è già oltre e anticipa il suo verdetto: tra i contendenti Matteo Renzi è il favorito (ma non per vincere le elezioni), Nichi Vendola non è mai entrato davvero in partita mentre Pierluigi Bersani, che partiva in vantaggio, resta imbrigliato nell’ortodossia di partito e non scalda i cuori della sinistra.
Questo pensa, dice, vaticina il mondo internettiano della competizione politica in corso. Lo rivela una ricerca condotta per il Fatto Quotidiano da Reputation Manager, società specializzata nell’analisi del posizionamento sul web che ha applicato ai politici in corsa per il 2013 i sistemi che utilizza dal 2004 per misurare il gradimento in rete di manager e imprese. Andando oltre il confine del manipolabile, segmentando 50mila fonti e quasi 300mila contenuti web, la ricerca ricostruisce con metrica precisione i rapporti di forza tra i partiti e rivela con chiarezza grafica i punti di forza e le debolezze dei singoli candidati (leggi la ricerca in versione integrale). Il risultato, spesso, è sorprendente.
Il metodo utilizzato punta a superare lo scoglio della manipolazione dei numeri, marcando piuttosto la differenza tra presenza in rete e posizionamento rilevante. “Le pagine ufficiali – spiega Andrea Barchiesi, ad della società – sono ambienti addomesticati, gestiti direttamente o tramite società specializzate che riescono con una certa facilità a manipolare i numeri. Più complicato è influenzare i valori fondamentali degli spazi non ufficiali, gruppi, forum, blog, conversazioni dove il meccanismo è quello dei cerchi concentrici: un politico posta qualcosa e questo ha effetto su anelli sempre più larghi e periferici della rete dove questo tipo di analisi assume un valore statistico e analitico rilevante”. Prima del focus sulle primarie nel centrosinistra un avviso al navigante di centro-destra: Silvio Berlusconi minaccia di tornare in campo, ma un milione di italiani gli stanno notificando con tutti i mezzi (post, blog, gruppi etc) la propria avversione. Il de profundis per l’ex premier rimbomba sotto il peso di pagine e gruppi negativi venti volte più numerosi dei positivi. La rete, insomma, ha deciso: il suo ventennio è finito.
Ma quanto sono diversi i tre candidati tra loro? Lo mostra anche graficamente l’analisi delle conversazioni online (vedi la ricerca). La polarizzazione delle opinioni in rete rivela infatti che i due segretari in corsa per le primarie sono molto più simili di quanto si pensi. Il loro core di dissenso oscilla tra il 57 e il 65%, la base neutra tra il 15 e il 18 mentre quella positiva tra 20 e 25. “Distribuiti graficamente – spiega Biarchesi – hanno la stessa striscia genetica. Se i tre indicatori fossero strisce di Dna, Bersani e Vendola sarebbero parenti”. Che Vendola non sia in partita lo conferma la neutralità del wordcloud, la nebulosa di concetti a lui abbinati. Non ci sono grumi di senso e di opinione rilevanti, niente di molto negativo o positivo. Anche le parole come “gay” e “figlio” che hanno fatto tanto discutere su giornali e tv sono a caratteri piccoli. La provocazione, da sola, non basta. Peggio, terrorizza i moderati che optano per altre priorità rispetto ai diritti civili di cui è portabandiera. Importanti, certo, ma non sono la boa cui appigliarsi in un momento di crisi. E così anche le buone ragioni del leader di Sel rischiano di naufragare in una corsa che sarà sempre e solo sul tandem del Pd.
RENZI: POCHI FAN, MA FA DISCUTERE. Matteo Renzi non può vantare le presenze in rete degli altri, non ha i numeri del leader perché non lo è (3.400 fan contro 49mila di Vendola). “Ma dall’analisi del ‘sentiment’ e di altri indicatori si capisce che è di un’altra specie, quella che può crescere di più”. Quale specie? Lo rivelano il tasso di partecipazione degli utenti delle fan page ufficiali e l’analisi semantica (wordcloud). Renzi è tra i pochi che sanno come trarre dalla comunicazione in rete la massima visibilità, anche in assenza di contenuti. E’ un comunicatore (supportato da Giorgio Gori) e ha capito che cavalcando il dissenso interno al partito può crescere. Non a caso i suoi numeri sono oggettivamente, per tutte le serie, quasi il doppio di quelli di Bersani (e il trend non è diverso da quello di Berlusconi).
Certo, ha un quinto dei fan di Vendola e meno ancora nelle pagine non ufficiali (972 contro 64mila). “Ma quello che conta non sono tanto “like” o i visitatori, ma il tasso di attività degli utenti, cioè quello che poi gli utenti fanno su un sito, un gruppo, un blog”. E da questo punto di vista la “vitalità” (fan attivi, post e commenti…) di Renzi è superiore a quella degli altri candidati alle primarie (il 25% contro il 18 di Bersani e il 7% di Vendola). “E’ un dato interessante perché fotografa la capacità di Renzi di porre questioni che fanno discutere come il ricambio generazionale. Questa capacità è apprezzata e infatti tra i tre Renzi è l’unico che può vantare un’opinione positiva per il 51% degli utenti che postano nei gruppi e nelle conversazioni. I contenuti del suo programma, però, restano decisamente sullo sfondo e questo trova conferme nel wordcloud”.
Nel caso del sindaco di Firenze si vedono quattro nuclei ingombranti negativi: destra, Berlusconi, sinistra e programma. Sono i suoi punti deboli. Per la rete, Renzi è associato all’ex premier, e non è chiaro se sia di destra o di sinistra. In verde le parole “Firenze” e “nuovo”, a indicare che prevale un buon giudizio sul suo operato da sindaco e che i leitmotiv della sua campagna per la rottamazione lo favoriscono. Ma non c’è, e forse non è una sorpresa, una visione del Paese.