C’è un rapporto di tredici pagine redatto dall’Arpa Campania. Risale a fine maggio ed è indirizzato all’assessorato regionale all’Ambiente. Si chiama ‘Piano di monitoraggio e controllo e stato delle acque sotterranee discarica Sari’. Dice che a Terzigno, in provincia di Napoli, le falde acquifere sono inquinate e di conseguenza centinaia di pozzi sono inutilizzabili per l’agricoltura e chissà quanta acqua contaminata sarà finita comunque nella catena alimentare. Il rapporto dei tecnici Arpa non mette in relazione diretta l’inquinamento delle acque con il pluriennale utilizzo dell’area Sari a sversatoio del rifiuto indifferenziato di mezza provincia di Napoli. Circostanza che ovviamente non tranquillizza affatto i cittadini di Terzigno, preoccupati per le cicliche voci di apertura di un nuovo sversatoio in Cava Vitiello. E tanto meno mette l’animo in pace alle famiglie di chi ha visto un congiunto ammalarsi prematuramente o morire di cancro, registrato in un artigianale ‘registro tumori’ che gli stessi terzignesi hanno compilato per sollecitare interventi di bonifica e di messa in sicurezza del territorio.
Secondo la relazione, che ilfattoquotidiano.it, ha consultato, le fonti di inquinamento delle falde potrebbero risalire ai decenni antecedenti all’apertura della discarica, chiusa pochi mesi fa: “Le anomale concentrazioni di ferro, manganese, fluoruri e nichel sono già presenti a partire dal 2004-2006”. La discarica Sari 2, in Pozzelle, è stata inaugurata nel 2008. Ma negli anni ’90 era attiva, poco distante e sempre nel comune di Terzigno, la discarica Sari 1. Epoca in cui i rifiuti viaggiavano e venivano intombati senza controllo e senza le precauzioni odierne. Ed infatti, scrivono i tecnici nel rapporto, è il percolato prodotto dalla fermentazione dei rifiuti la principale causa di inquinamento delle falde terzignesi. Monnezza su monnezza. Per anni, grazie a politici acquiescenti e imprese senza scrupoli, i ‘vesuviani’ sono stati lentamente avvelenati. Calpestando ogni regola del buon senso in quello che doveva essere un paradiso dell’ambiente, il Parco Nazionale del Vesuvio, tramutato in un inferno puzzolente e pericoloso.
“L’apertura di una discarica dovrebbe essere preceduta da un’analisi sullo stato di salute del territorio – affermano gli avvocati terzignesi Maria Rosaria Esposito e Mariella Stanziano, consulenti dell’Isde, l’associazione dei medici per l’ambiente – e in particolare delle acque e del terreno. Ma dallo studio della relazione Arpac abbiamo scoperto che la Sari 2 fu aperta senza l’analisi preliminare delle acque. Il principio di precauzione avrebbe imposto di cercare uno sversatoio altrove, senza aggiungere un ulteriore fattore di rischio a un territorio già inquinato”. Ora fanno gola i 3 milioni e 600mila metri cubi di Cava Vitiello, il buco più grande d’Europa, che Berlusconi e Bertolaso provarono ad attrezzare a discarica nel 2010, scatenando la più agguerrita protesta di popolo dell’ultimo decennio. Di certo alla prossima emergenza rifiuti campana se ne tornerà a parlare. Sulla pelle degli abitanti di Terzigno.