Un divanone verde acceso e uno sfondo di quinta color mattone disegnano il palco bizzarro e cubista dell’Arena del Sole. L’aria stranita, lo spento papillon, l’orlo di giacca e pantaloni che fa difetto fanno il resto: eccolo Ivano Marescotti, one man show, per gli ultimi giorni di prova de La Fondazione, lo spettacolo che lo vede per due ore assoluto protagonista, su testo di Raffaello Baldini e con la regia di Valerio Binasco.
Il minimalismo degli oggetti e delle cose, la cosiddetta “roba”, tratto distintivo di una delle ultime poesie del romagnolo Baldini è l’elemento basico del testo prodotto da Nuova Scena – Teatro Stabile di Bologna, che inaugura la stagione 2012-2013 dell’Arena del Sole di Bologna dal 17 fino al 28 ottobre.
“Negli ultimi suoi 25 anni di vita ho avuto con Raffaello Baldini (morto nel 2004, n.d.r.) un rapporto molto stretto. Tanto che dopo aver letto le sue poesie l’ho costretto, anzi convinto, a scrivere per il teatro”, spiega Marescotti al fattoquotidiano.it, “erano tutti piccoli monologhi, ma alla fine è un unico personaggio che parla. Ricordo che La Fondazione fu l’ultimo manoscritto che scrisse con un vecchissimo computer e mi consegnò di persona: ‘Tieni, è una novità, una sorpresa”.
Corpo centrale de La Fondazione, che irradia testo, scena e spettatore è questo personaggio un po’ bislacco, splendidamente velleitario e a modo suo eroico, che colleziona ossessivamente i più assurdi oggetti del passato, ed è preso dall’idea di dar vita a una “fondazione” che tenga viva la memoria delle cose più sfuggenti e dei pensieri: non quelli grandi dei poeti e dei filosofi, ma quelli che vengono a tutti quanti in qualche momento della giornata, e sembrano tanto acuti, e poi spariscono nel flusso della vita.
“Questo Personaggio Senza Nome è un uomo di struggente tenerezza e da subito ci ha conquistati tutti”, racconta il regista, “Un bel giorno è arrivato, si è sistemato dentro alla voce di Ivano, dentro al suo sguardo, ed era come se fosse sempre stato lì, con noi. Una presenza fortissima, ma gentile come un ricordo. Questa persona è quanto di più ‘vivo’ ci possa essere oggi in un teatro, eppure è anche lontana come un ricordo”.
“Aleggia una nostalgia assurda nella poesia di Baldini – prosegue – “ed è il ricordo di qualcosa che non c’è mai stato. Ovvero dell’innocenza perduta del mondo. Sono parole grosse, e qualcuno può anche sorridere, ma la nostalgia per l’innocenza perduta è la chiave per capire Baldini, il personaggio di questo monologo e, se qualcuno mai se lo chiedesse, anche il motivo per cui la gente va a teatro”.
“Il Personaggio”, conclude Marescotti, “tiene da conto tutto: gli stuzzicadenti, le cartine delle arance, qualsiasi cianfrusaglia. Lui stesso ammette: ‘per altri questa roba è immondizia, ma per me è la vita’. Una lampadina bruciata ad esempio, ‘è fuori uso sì, ma la tengo perché ha fatto luce a me’. Come dice il filosofo Remo Bodei: bisogna distinguere tra oggetti e cose, gli oggetti sono impersonali, ma quando li usi trasmetti ad essi la tua identità, per questo è difficile gettarli. Baldini ride delle stranezze delle persone e ne fa una grande metafora di cui si sorride, perché la gente in fondo ride dei difetti degli altri”.