Matteo ha trent’anni e fa l’aiuto cuoco in un ristorante di Genova. Matteo ha un sogno nel cassetto: aprire un ristorante tutto suo. “Il lavoro mi fa sentire una persona importante, un vero uomo. Mi piacerebbe fare carriera, diventare un grande cuoco e insegnare anche agli altri”, ha affermato Matteo.
Oltre a Matteo ci sono anche Alice, Francesco, Giorgia, Nicola, Sandra, Simone e Spartaco. Tutti lavoratori. E tutti anche persone con sindrome di Down. Le loro meravigliose storie di integrazione professionale, videoraccontate online e rimbalzate sui social network, stanno emozionando la rete e andando oltre la rete. Nei racconti gli otto descrivono il loro lavoro, le ambizioni, le passioni.
Proprio ieri in tutta Italia si è celebrata la giornata nazionale delle persone con sindrome di Down promossa dal CoorDown Onlus, ovvero dal coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di Down. L’edizione 2012 della giornata è stata incentrata sul tema del lavoro, per rilanciare con forza la necessità per le persone con sindrome di Down di avere gli stessi diritti e le stesse opportunità di chiunque altro, in base alle singole capacità, all’esperienza e al percorso formativo. Lo slogan scelto quest’anno è stato “Siamo differenti. Tra noi”. Che vuol significare l’importanza di una cultura della diversità e al tempo stesso l’unicità di ogni persona, contro i pregiudizi che ancora accompagnano la disabilità. Perché “essere differenti è normale”.
Nonostante le storie al positivo che questi otto protagonisti raccontano (in alto al post la storia di Matteo), i dati sono ancora in chiaroscuro. Soltanto 13 persone con sindrome di Down su 100 lavorano stabilmente con un contratto a tempo determinato o indeterminato, secondo l’ultima indagine Coordown. E’ un dato troppo basso, ma si può scegliere – e con coraggio – anche di partire raccontando le belle storie che pure ci sono. Per Coordown però gli aspetti problematici sono differenti: “Difficoltà croniche dei centri per l’impiego, assenza di controlli e di figure mirate come il “diversity manager” all’interno delle aziende, mancato rispetto degli obblighi di assunzione: questo è il quadro estremamente critico in materia di integrazione lavorativa delle persone down, nonostante il grande lavoro sul territorio di numerose associazioni”.