Oggi in udienza si discute della falla che il 13 gennaio ha squarciato la Costa Concordia. E il “quando” che emerge dalle perizie è davvero disarmante. Dallo scherzo alla tragedia trascorrono 53 secondi. Dall’impatto alla consapevolezza di una falla, per la compagnia Costa Crociere, trascorrono appena 13 minuti: “Sta entrando acqua da poppa – dice alle 21.58 il comandante Francesco Schettino al manager di Costa Crociere Roberto Ferrarini – ho chiamato solamente te e sto aspettando…”. È l’informazione più importante, quella che dovrebbe far partire l’evacuazione della nave, che invece ritarderà parecchio. E Schettino ne è consapevole appena tre minuti dopo l’impatto. Sono le 21.44 e 14 secondi quando il capitano, mentre ordina al timoniere la rotta per l’inchino al Giglio, dice in plancia: “350, altrimenti andiamo sugli scogli”, anzi, “otherwise we go on the rocks”, considerato che – trasgredendo le prescrizioni – impartiva gli ordini in inglese.

“Altrimenti finiamo sugli scogli”, dice Schettino, iniziando a ridere. Non sa che la sua battuta, in realtà, è una profezia: l’impatto avviene appena 53 secondi dopo, alle 21.45 e 7 secondi. “Abbiamo urtato uno scoglio?”, chiede dieci secondi dopo, ordinando di chiudere le porte stagne a poppa, prima di esclamare: “Madonna, c’aggio combinato”. Secondo gli esperti che hanno analizzato la scatola nera, l’evacuazione della nave sarebbe dovuta avvenire già alle 22.00 e 40 secondi, al massimo alle 22.10 e 55, quando Schettino viene a sapere che “il totale di compartimenti contigui allagati ammonta a tre, il che fa venire meno la garanzia di stabilità e galleggiabilità della nave” ma Schettino sottovaluta la situazione, poiché “ritiene per errore che, fino a tre compartimenti contigui, la stabilità e la galleggiabilità della nave non siano compromesse”.

Alla Costa Crociere – per la precisione Ferrarini – sapevano già dalle 21.58. Non solo. Per la gestione della falla – in base alle procedure prescritte – il personale di bordo deve ricevere una preparazione adeguata -“familiarizzazione” – che invece mancava, stando alle relazioni depositate, ad almeno 16 membri dell’equipaggio. Non c’è traccia – solo per dirne una – di corsi di gestione della folla, eppure, il personale viene ugualmente inserito nel “ruolo d’appello”, ovvero le unità che si occupano dell’emergenza.

Per quanto riguarda la compagnia di navigazione la relazione della Guardia Costiera di Livorno sembra quasi impietosa. La Costa Crociere non chiama tempestivamente la Capitaneria. Quando Costa e centrale operativa della Guardia Costiera di Roma (e perché quest’ultima ha preso l’iniziativa…) entrano in contatto sono già passati 51 minuti dall’impatto sugli scogli del Giglio. E anche allora non viene detto tutto quanto: “La situazione riportata non è in linea con quanto riferito dal comandante della nave”. Di più: “La compagnia in seguito alle comunicazioni intercorse con la nave è a conoscenza che la situazione di pericolo a bordo non è stata correttamente riportata all’organizzazione Sar; nonostante questo la stessa compagnia non si attiva per correggere le informazioni fornite”.

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