Il ministro degli esteri iraniano Ali Akbar Salehi ha consegnato personalmente all’inviato speciale dell’Onu per la crisi siriana Lakhdar Brahimi una «proposta non ufficiale per far terminare dopo 19 mesi il conflitto in Siria». Lo ha detto lo stesso Salehi in una conferenza stampa congiunta con Brahimi, che si trovava a Teheran per chiedere l’appoggio della diplomazia della Repubblica islamica per la sua proposta di tregua in Siria in occasione della festa musulmana dell’Eid al-Adha, che inizia tra una decina di giorni.
Salehi non è entrato nei dettagli della proposta, ma secondo l’agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna, ha chiesto «a vari gruppi siriani di esprimere la propria posizione sul piano, che è ben equilibrato». Brahimi, da parte sua – continua l’Irna – ha «espresso il proprio apprezzamento per il piano iraniano sulla Siria e la speranza che vere riforme possano rapidamente avere luogo nel paese». L’Irna aggiunge che il piano iraniano sarà discusso anche con altri paesi della regione, tra cui Egitto, Arabia saudita e Turchia, che hanno ricevuto il piano dai canali della diplomazia iraniana.
Salehi aveva annunciato un piano di questo tipo già alcune settimane fa, ma solo ora sembra che l’Iran sia pronto a usare la propria leva politica per cercare di arrivare a una soluzione del conflitto siriano. La preoccupazione iraniana è stata espressa dal presidente Mahmoud Ahmadinejad, che ha incontrato Brahimi dopo il colloquio con Salehi: «I combattimenti in Siria significano la diffusione dell’insicurezza nell’intera regione – ha detto il presidente iraniano – e gli sforzi per spaccare il paese produrrebbero decenni di instabilità a causa della sua struttura etnica». Secondo Al Jazeera, Ahmadinejad ha aggiunto che «nessuno deve imporre la propria volontà sul popolo siriano che deve esprimersi in elezioni completamente libere il cui risultato deve essere rispettato da tutti». Bisognerà attendere i prossimi giorni, quando i dettagli del piano potranno forse essere conosciuti per sapere se la via iraniana si rivelerà più efficace sia della diplomazia dell’Onu che della pressione costante dei paesi occidentali.
Intanto però l’Unione europea ha deciso un nuovo round di sanzioni contro il governo di Damasco. Secondo l’iraniana Press Tv, i ministri degli esteri dei 27 paesi dell’Ue, riuniti in Lussemburgo, hanno individuato 30 soggetti, 28 individui e due aziende, da sottoporre a restrizioni economiche e a sanzioni. Con questo nuovo round, il numero delle persone e delle aziende siriane sottoposte a misure di ritorsione economica arriva a 235. Nonostante questo ulteriore giro di vite, i 27 hanno ribadito che Brahimi – reduce da colloqui in Turchia e Arabia saudita prima della visita a Teheran – ha «il pieno appoggio» dell’Unione, che si dice «pronta a una piena cooperazione».
Più complicata, però, la situazione della Turchia. Dopo il divieto di sorvolo incrociato imposto da Ankara ai voli commerciali siriani e da Damasco a quelli turchi, le autorità turche hanno bloccato un aereo di linea armeno diretto ad Aleppo. Secondo un portavoce del ministero degli esteri turco – citato dall’agenzia Afp – lo «scalo tecnico» nell’aeroporto della città di Erzurum sarebbe stato concordato con gli armeni, come condizione per «controlli di sicurezza sul carico» prima di consentire all’aereo, carico di aiuti umanitari, di proseguire il suo viaggio verso Aleppo. Il giornale turco Millyet, però, offre una versione diversa, e dice che l’aereo è stato costretto all’atterraggio da due caccia turchi che lo hanno intercettato così come era successo con il volo Mosca-Damasco delle Syrian airlines pochi giorni fa. L’aereo armeno ha poi lasciato la Turchia dopo alcune ore.
Il governo turco, in sostanza, continua a tenere alta la tensione con la Siria, nonostante i sondaggi diffusi dalla stampa nazionale dimostrano che l’opinione pubblica turca è in gran parte contraria a qualsiasi ipotesi di guerra contro il paese vicino, con il quale, fino a pochi mesi dopo l’inizio della rivolta, c’erano rapporti molto buoni.
D’altra parte, un flusso continuo di profughi continua a superare la frontiera. Secondo le ultime cifre fornite oggi dalla Mezza luna rossa turca, il numero di rifugiati siriani in Turchia ha superato i 100mila, mentre più del doppio sono quelli che hanno trovato riparo in Giordania, dove nel solo campo di Zataari, gestito dall’Onu, sarebbero più di 30 mila. Molti di più sono inoltre i siriani sfollati all’interno del paese, dove i combattimenti continuano molto duri. Secondo la tv di stato siriana, a Damasco sarebbe stata danneggiata dai guerriglieri dell’Fsa anche la Moschea Omayyade, cuore della capitale e patrimonio mondiale dell’Unesco. Il presidente Assad, ha aggiunto la tv, ha ordinato di riparare immediatamente i danni causati dai combattimenti. Combattimenti che proseguono con particolare veemenza nel nord, nella provincia di Idlib e nella zona di Marat al Numaan, nel nord ovest del paese. Le forze antigovernative affermano di aver costretto l’esercito regolare a ritirarsi dalla città, trincerandosi in due caserme alla periferia, mentre secondo l’agenzia di stampa ufficiale siriana Sana, le forze governative hanno ucciso o catturato «decine di terroristi e distrutto molti missili anti-carro».
di Joseph Zarlingo