Diritti

Tra emersi e sommersi

Ieri, salvo proroghe, è terminata anche quest’ultima finta sanatoria per lavoratori stranieri.

Finta. Perché non si tratta di una procedura attivabile da parte dei lavoratori tenuti per mesi a lavorare in nero che potrebbero così riscattarsi 
almeno con una regolarizzazione. Ma si tratta in realtà di un condono pensato a uso e consumo dei datori di lavoro che, avendo fatto lavorare migranti in nero ed avendo con ciò commesso un grave reato (le cui pene sono inasprite proprio dal medesimo decreto che norma la sanatoria) possono, presentando questa istanza di emersione, mondarsi di ogni colpa o reato.

Effetto collaterale, ma non secondario, di tale condono può essere per il lavoratore straniero (se si realizzano una serie di condizioni) la consegna dell’agognato permesso di soggiorno. E dunque l’emersione. Letteralmente. La possibilità di tirare fuori la testa, di vedersi riconosciuti dal datore di lavoro e dallo Stato, come lavoratori e ancor prima come persone. 

Non poco per chi, grazie anche all’introduzione del reato di clandestinità, da sempre è costretto a nascondersi perché considerato dall’opinione pubblica e dalla legge stessa, delinquente. 

Le persone che domani continueranno instancabili a prendersi cura dei nostri anziani 24 ore al giorno, 7 giorni su sette, sono le stesse di ieri.
Puliranno le case, laveranno i nostri genitori, porteranno a scuola i nostri figli, oggi come ieri. Ma con in tasca finalmente un documento che li rende “regolari” e dunque “legali”. Sono gli stessi. Ieri però venivano chiamati clandestini (aggettivo che vieterei per legge se riferito a essere umani e non a storie d’amore) e rischiavano, se fermati da forze dell’ordine, una condanna penale, la prigionia fino a 18 mesi in un Cie e l’espulsione perché, loro malgrado, erano privi di permesso di soggiorno. Oggi, se hanno avuto la fortuna di trovare un datore di lavoro onesto che ha attivato la procedura di emersione, sono lavoratori, persone. Non devono più nascondersi.

La differenza tra ieri e oggi è questa: un documento in tasca ottenuto per buona volontà del datore di lavoro e grazie ad una norma “transitoria” (la sanatoria era attivabile solo tra il 15 settembre e il 15 ottobre) che stabilisce che quello che fino a ieri era un reato (esistere e lavorare senza un permesso di soggiorno) oggi può diventare il requisito per ottenere quello stesso permesso soggiorno che si è sempre desiderato avere ma che fino a ieri era negato ex lege. Basterebbe questo per capire che i 120 mila sanati di oggi meritano lo stesso rispetto delle migliaia di lavoratori che resteranno irregolari per colpa dell’inerzia criminale dei datori di lavoro e di una legge complice e miope che tale inerzia permette, non consentendo ai lavoratori di sanarsi da sé attivando autonomamente la pratica di emersione.

Perché non si può pretendere il rispetto di regole se non rispettando le persone.

(Foto Lapresse)