“E’ stata la mano del buon Dio a fare avvicinare la Costa Concordia al Giglio dopo l’urto contro gli scogli, altro che una manovra fatta dal comandante Schettino“. Il procuratore capo di Grosseto Francesco Verusio torna sulla presunta manovra del comandante della Costa Concordia Francesco Schettino che avrebbe salvato la vita alla gran parte dei passeggeri dopo essere finita contro gli scogli dell’isola del Giglio. “Se non c’era quel vento di quella sera – ha detto Verusio – la nave si sarebbe capovolta e affondata in un minuto. Non aveva propulsione e i timoni erano bloccati, l’ha salvata solo l’abbrivio”. Anche secondo la perizia “è pacifico – che la Costa Concordia dopo l’impatto ha perso qualsiasi capacità di manovra e di essere governata”. Una versione della quale la Guardia Costiera di Livorno è stata sicura fin dai primi giorni successivi alla sciagura. Il timone d’altronde era bloccato (a dritta, cioè verso destra) e i motori in avaria. La nave è arrivata dov’è arrivata grazie al vento di maestrale e alle correnti. L’accostamento al porto sarebbe stato dunque un caso. Qualche conferma arrivò anche dalla velocità tenuta dalla nave e registrata sia dal Voyage Data Recorder, una delle scatole nere sia dall’Ais, il sistema di identificazione delle navi delle Capitanerie. La Concordia al momento dell’impatto viaggiava a 15 nodi e ha rallentato, sbandando e girando la prua verso sud, fino a 5 nodi delle 21,49, ai 4 delle 21,52,agli 0,7 (meno di 2 km all’ora) alle 22,14. La nave, sempre secondo i tracciati, si è fermata definitivamente dov’è ora circa mezz’ora più tardi.

L’altra notizia di oggi è che sarebbe stato il capo dell’Unità di crisi di Costa Crociere, Roberto Ferrarini, a dire a Schettino di prendere tempo prima di chiamare la Capitaneria e far intervenire rimorchiatori la notte del naufragio. Emergerebbe, secondo il Corriere Fiorentino, in un verbale redatto a luglio dalla Costa al termine dell’incontro tra la compagnia e Schettino nell’ambito del procedimento disciplinare aperto nei confronti di quest’ultimo. Rapporto disciplinare che potrebbe ora essere acquisito agli atti dell’inchiesta della procura di Grosseto.

Schettino: “Ferrarini mi disse di prendere tempo prima di avvertire la Capitaneria”
Schettino, secondo quanto riporta il giornale, afferma in quel verbale che “per quanto riguarda le comunicazioni con la capitaneria, preciso che ebbi subito a segnalare al Dpa Roberto Ferrarini (capo dell’unità di crisi, indagato, ndr) la situazione chiedendogli di informare tutti. Comunque allo stesso palesai subito la necessità di avere un rimorchiatore. Mi fu segnalato che in tal modo “Ci mangiano la nave”, per cui ho avuto l’incarico di contattare io stesso i rimorchiatori (cosa che feci telefonando, mi pare, a Civitavecchia); decisi di tenere un basso profilo parlando soltanto di black out in modo che i contratti di soccorso da concludere con i rimorchiatori fossero stati il meno onerosi possibile per la società”. Tuttavia dalla lettura della scatola nera della nave non risulta che Schettino chiamò i rimorchiatori. Costa Crociere oggi ha confermato che ci fu l’audizione del comandante Schettino “in ottemperanza a quanto previsto dalla legge e dal contratto collettivo dei comandanti”. Schettino fu accompagnato dai suoi legali e l’audizione si è tenuta a luglio.

La trascrizione integrale della scatola nera
“Sì, stiamo proprio col culo a terra”. La Costa Concordia si sta contorcendo solo alcuni secondi dopo essersi fatta infilzare la parte sinistra della poppa da uno scoglio delle Scole. Ma in plancia di comando hanno già capito tutto. Intorno si continua a gridare “hard to starboard”, tutto a dritta, cioè timone tutto a destra. Passano alcuni minuti e un’altra prova sta in un altro scambio tra gli ufficiali della nave da crociera: “Ma dove abbiamo toccato?” chiede Schettino. “Lo scoglio lì” gli rispondono. Lui non capisce: “Eh?”. Gli altri insistono: “Su uno scoglio e pure a pelo d’acqua…”. E qualcuno ha il dono della sintesi (e del sarcasmo, amaro): “È l’inchino che voleva” commenta. 

La trascrizione elaborata dal Ris dei carabinieri dei dialoghi in plancia di comando danno il senso almeno di una cosa: sarà difficile sostenere – per Francesco Schettino in particolare, ma forse anche per la Costa Crociere – che non era chiaro quanto era successo a pochi metri dalla scogliera dell’isola del Giglio. 

Tanto che le voci a bordo raccontano com’è nata la storia del blackout: “Diciamo che c’è un blackout – dice una voce maschile – Vediamo come…”. Che precede la catechizzazione di avrà la responsabilità di dover comunicare ai passeggeri quel messaggio truffa: “E’ un blackout, signori. State tranquilli, siamo già al lavoro per risolvere il problema”. “Eh, Lisa, all the major language… – spiega questa voce maschile alla dipendente – Italian, spanish, english, french and german e… Okay? Oh, listen, with the very secure voice… not…” e fa il verso di qualcuno che ansima, come annotano i carabinieri che trascrivono il passaggio.

Intorno alle 21,56 la telefonata del capitano della nave al responsabile della sicurezza di Costa, Roberto Ferrarini: “Roberto? Roberto, ho fatto un casino! Senti una cosa: io sono passato sotto l’isola del Giglio, qua! È stato il Comandante Palombo… m’ha detto: “Passa sotto, passa sotto…”. Sono passato sotto qua, ho preso con la poppa un basso fondale. (tono intermittente) Sono… guarda, io sto more’… non, non mi di’… non mi dire nulla. Io per accontenta’ ‘sto maronne, io ho fatto… questa cosa… E son passato che alla fine ci stava questo piccolo scoglietto qui. Mo’… mo’ stiamo in blackout che abbiamo dato una botta con la poppa. Mo’ sto facendo fare l’assestment… Sono messo che adesso sono proprio… do fondo a un’ancora perché… sta arrivando acqua praticamente al quadro di poppa, al quadro principale e mo’ siamo qua in blackout. Io non so… Sono proprio distrutto! Eh, è andato a ve’… E perché? E perché praticamente abbiamo preso questa botta sulla poppa, solo sulla parte della poppa. Mi ha detto Palombo, ha detto: “Vieni!”. No, no, no, no, no sulle eliche! Secondo me è solo sulla parte di poppa. Sulla… mo’ sto facendo fare l’assestment. Ci ho…”. Già a quel punto Ferrarini (e quindi la Costa) sa almeno tre cose: che la nave è finita contro uno scoglio, che sta imbarcando acqua e che Schettino ha intenzione di dare fondo a un’ancora. Il problema qual è? Che, come ormai arcinoto, la Capitaneria di porto di Livorno saprà di tutto questo solo molto più tardi e solo grazie ai carabinieri di Prato, cioè dagli Appennini, perché una signora al ristorante di bordo ha visto venir giù piatti e bicchieri e si è spaventata, chiamando a casa.

Certamente solo alle 22,24 dalla Concordia dicono di “aver visto” una via d’acqua. Dopo che appena un minuto prima in plancia si era parlato di “tutti i generatori allagati” e “tre compartimenti allagati”. Sono le 23,15 più o meno, quando invece Schettino decide di lasciare la plancia di comando. Sarà per sempre, come si sa. “Venite con me” dice a un certo punto il comandante. E una voce maschile risponde, apparentemente incredula: “Andiamo via?”. E Schettino: “Andiamo sui ponti esterni…”. 

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