Il provvedimento approvato con 228 sì e 33 no, tra i risultati peggiori del governo Monti. In aula il ministro Severino promette disponibilità a intervenire anche su voto di scambio e incandidabilità. C'è anche la norma sui doppi incarichi dei magistrati. Il testo deve tornare alla Camera
Il governo ottiene la la fiducia in Senato sul ddl anticorruzione, la cui lunga gestazione è stata caratterizzata dal “muro” eretto dal Pdl su diverse parti del provvedimento. L’esecutivo di Monti ha ottenuto 228 sì, 33 no e due astenuti in una prima votazione, poi il provvedimento, contenuto in un maxiemendamento di 84 commi, è stato approvato e ora dovrà tornare alla Camera per la quarta lettura. Si tratta, in termini di consensi, di una fiducia non piena se si parte dai 281 sì al momento dell’insediamento del governo il 17 novembre 2011. In questa occasione il governo ha ottenuto lo stesso numero di consensi, 228 voti, che ottenne il 24 aprile 2012 per il decreto sul fisco. Il record negativo, comunque, spetta al decreto sullo sviluppo del 3 agosto 2012 quando il governo ha incassato solo 216 voti di fiducia mentre qualche giorno prima, il 31 luglio, il governo aveva ottenuto 217 voti di fiducia, uno in più, su un altro controverso provvedimento: la spending review.
La fiducia era stata annunciata dall’ok dal segretario del partito berlusconiano Angelino Alfano, oggi a Bucarest per il congresso del Ppe: “Sono molto contento che il governo abbia scelto di porre la fiducia al ddl anticorruzione. Ritengo sia una scelta giusta per accelerare i tempi”. Antonio Di Pietro aveva annunciato il voto contro dell’Idv perché si tratta di un testo “pro-corruzione”, ha scritto sul suo blog. L’atteggiamento del Pd è riassunto nelle parole del senatore-ex magistrato Felice Casson: ” Meglio poco che niente. E la responsabilità è di una parte della maggioranza”. Mentre la Lega nord aveva fatto sapere: “Sì al decreto, no alla fiducia”.
Il testo include la nuova norma sugli incarichi esterni ai magistrati, che “devono essere svolti con contestuale collocamento in posizione di fuori ruolo”. Resta il tetto dei dieci anni complessivi per il fuori ruolo dei magistrati. Le disposizioni si applicano anche agli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della legge, che non riguarda però membri di governo, gli incarichi presso gli organi di autogoverno, i componenti delle Corti internazionali.
”Oggi sembra che questo provvedimento sia carta straccia e che si siano persi mesi”, ha lamentato il ministro della Giustizia Paola Severino intervenendo in aula, dove era presente anche il presidente del Consiglio Mario Monti. “Non è vero che non abbiamo costruito nulla e fare i grilli parlanti è uno sport molto diffuso, anche io appartenevo a questa categoria, bisogna passare qui dentro per capire la fatica che c’è dietro a ogni provvedimento”. Il ministro ha anche accennato a possibili interventi sul voto di scambio, tornato di attualità dopo l’arresto, per questo e altri reati, dell’assessore regionale lombardo Domenico Zambetti. ”Lo scambio di voto è all’attenzione del governo”, ha affermato. “Il governo è pronto, se richiesto, a intervenire anche su questa materia. Se ci sarà una sollecitazione parlamentare – assicura – lo potremo fare in tempi rapidi”. Ma su questo fronte il ministro subisce un duro attacco di Carlo Vizzini, presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, che l’accusa di essersi piegata alle pressioni del Pdl per non “ampliare” il reato.
Severino ha sottolineato che “per la prima volta nella storia italiana si affronta il problema della corruzione con tempestività, contrariamente a quando, all’epoca di Mani Pulite la politica cercò di frenare” l’azione della magistratura. Una risposta indiretta al senatore del Pd Gerardo D’Ambrosio, già membro del pool di magistrati milanesi che smascherarono Tangentopoli,che aveva rilanciato in aula le critiche proveniente da diverse associazioni impegnate sul fronte antimafia e anticorruzione. Il ddl, aveva detto, “non è del tutto soddisfacente poiché non interviene su temi importanti quali il falso in bilancio, l’autoriciclaggio e l’abbreviazione dei tempi di prescrizione”.
Severino ha difeso con fermezza la bontà del provvedimento. “Il governo è fatto di persone oneste”, ha rivendicato il Guardasigilli, e non “possiamo permettere” che si dica che il governo non vuole la legge perché “siamo amici degli amici dei corrotti”, ha affermato riferendosi alle accuse mosse in particolare ieri dal senatore Idv Luigi Li Gotti. “Quando il ddl sulla corruzione sarà definitivamente approvato”, ha annunciato, “con assoluta tempestività il governo interverrà anche sulla materia della incandidabilità perché il governo mantiene i propri impegni così come li ha mantenuti su questo ddl”.
Nel merito del provvedimento, ”uno degli scopi principali era mantenere l’equilibrio delle pene”, ha spiegato il ministro. “Non ci devono essere un eccesso né in basso né in alto delle pene. Una pena giusta si costruisce tenendo conto dei valori da tutelare”. Il testo, ha ripetuto, “può essere migliorato, ma non deve perdere le sue caratteristiche originali e deve mantenere i suoi punti fermi, nessuno potrà dire che il provvedimento è oggetto di inciuci. Le fattispecie – aggiunge – sono rimaste, il traffico di influenze e la corruzione tra privati sono state migliorate grazie al contributo del parlamento”.