Erano rifiuti speciali, di quelli da smaltire con attenzione. Mica da buttare così, insieme agli altri. Tanto meno da gettare in un’area verde, o in un parco. Erano classificati in questo modo fino a quando non è arrivata la firma del ministro dell’Ambiente Corrado Clini che, con una modifica ad hoc, ha fatto diventare i resti da scavo dei “sottoprodotti”, dei residui più facili da eliminare, meno impegnativi. E meno costosi. Non che sia cambiato qualcosa nella composizione, sia chiaro. I materiali sono quelli del giorno prima. Si tratta delle terre di scavo – come quelle del tunnel Tav sotto Firenze – che ora, però, si possono mettere anche in un parco.
E la Regione Toscana come l’ha presa? Benone, non si è fatta scappare l’occasione e ha deciso, ora che la legge lo consente, che i residui potranno finire pure nel parco di Cavriglia, in provincia di Arezzo. Così, ha detto il presidente Enrico Rossi, “la Regione dà il via libera all’escavazione della galleria Av di Firenze e alla realizzazione della nuova stazione dell’alta velocità. Per noi è importante fare bene e fare presto. La Toscana e Firenze non possono permettersi di perdere questa occasione, né di ritardare la realizzazione di questa infrastruttura fondamentale”. Giusto l’altro giorno c’è stato l’ok alla Via (Valutazione di impatto ambientale) per il deposito dei materiali di scavo nella miniera di Santa Barbara a Cavriglia. Dove, si apprende, “è stata prevista la realizzazione di una collina-schermo nell’ex miniera Enel mediante il trasferimento in treno di 2.850.000 metri cubi di terra. I materiali serviranno per il progetto di recupero ambientale del sito, approvato dal Ministero dell’Ambiente nel 2009, che prevede la realizzazione di una collina-schermo di 1.350.000 metri cubi di terre, provenienti dallo scavo della Foster e per una parte della galleria”.
Ma è davvero possibile, come dice la Regione, il “recupero ambientale del sito” con questi materiali che sono “mescolati ad additivi chimici utili all’escavazione con la fresa”?. L’unica condanna, senza sconti, è arrivata dalla consigliera comunale Ornella De Zordo della lista Perunaltracittà che, dopo le delibere dell’assessore Annarita Bramerini e del presidente Rossi, parla di “avallo del declassamento ministeriale delle oleose e inquinanti terre di scavo del tunnel”. Scelta che porta la Bramerini e Rossi ad “autodeclassarsi” nella “vasta categoria dei politici che antepongono gli affari delle imprese al bene comune e al diritto costituzionale dei cittadini di vivere in contesti salubri”. “Milioni di tonnellate di rifiuti inquinanti” possono così diventare “materiale buono per il ripristino ambientale” proprio, pare, come ebbero intenzione di fare i predecessori di Clini. Prima del tecnico ci aveva pensato l’ex ministro del Governo Berlusconi Stefania Prestigiacomo (bloccata dalla Commissione ambiente della Unione Europea), e prima ancora Lunardi la cui legge (443 del 21.12.2001) richiama nella sostanza quella di Clini.
Legge che precisava come “le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti” restando quindi “escluse dall’ambito di applicazione” del decreto legislativo che ne disciplinava la gestione. E questo “Anche quando contaminate durante il ciclo produttivo da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione”. La domanda è sempre quella: ma è davvero possibile, con i resti degli scavi della Tav, il recupero ambientale di un parco?