Sabato 20 ottobre 2012 alle ore 09.26, Diletta festeggerà i suoi 14 anni. E’ un compleanno difficile per me. Senza rendermi conto di quali pensieri prendessero il sopravvento, ho immaginato che se la malattia non l’avesse colpita, se la cerebro lesione non avesse devastato la sua vita, in questi giorni sarei stata lì a combattere per il motorino, la festa di sera e i primi amori.
Inutile negarlo. Sento dentro un dolore immenso che spazza via il sorriso. L’unica forma di amore che riesco a riprendere per stringere la mia Diletta è sperare che lei non pensi a questo. Immaginare che il ritardo mentale in questi giorni si aggravi a tal punto da proteggerla dalle aspettative disilluse, da quando quel calcione in faccia è arrivato in quel mattino di quasi autunno. Sono giorni che combatto me stessa come un leone. Ultimamente, durante l’estate, mi sono resa conto che nella cerchia dei parenti nessuno ha capito nulla di Diletta.
Sono stanca di dover chiedere, stanca di doverci giustificare per le nostre esigenze diverse. Stanca di fare feste di compleanno alle quali nessuno o quasi partecipa con un minimo di cognizione di causa. Stanca di festeggiamenti ipocriti e di quelle odiose telefonate dove mi si chiede in punta di piedi cosa regalarle. Stanca di quella gente che viene a fare chiacchiere inutili, ad abbuffarsi di dolci e dolcetti, dedicando molto poco di concreto alla festa. Tutti in realtà si chiedono cosa ci sia da festeggiare dinanzi una disgrazia simile. Così me la prendo con me stessa dicendomi che in fondo anche io sono ipocrita quando mi chiedo come sarebbe stato bello litigare per il motorino. Mi decido ad affrontare me stessa e i miei enormi limiti.
Chiedo aiuto a Diletta. Con infinita umiltà. Vado da lei, chiudo la porta della sua camera, mi metto seduta e le parlo. Le spiego che io voglio che il suo compleanno sia bello come lei, sia alternativo come lei, esaudisca i suoi desideri, la renda davvero felice. Le chiedo con una paura immensa, cosa possa farla felice. Dentro mi rispondo, pensando che se Diletta mi avesse chiesto di guarirla, avrei solo potuto picchiarmi da sola perché avrei avuto ragione.
Ma un altro pezzo di me mi dice che invece è giusto che io affronti anche questa possibilità. Mi ripeto che se un genitore deve seguire le inclinazioni naturali di un figlio, io devo riuscire a seguire le sue che sono legate ad una patologia così grave.
Passano secondi di ansia. Diletta mi chiede prima alcune specifiche. Mi dice: “Mamma, che vuoi sapere di preciso?”, ed io: “Vorrei sapere cosa vorresti per il tuo compleanno”. E lei: “che regalo voglio?”, ed io: “Non solo, mamma vorrebbe fare una magia che ti possa far divertire davvero”. E lei: “Ah, ok…ci penso”.
Mi alzo dalla sedia e tergiverso facendo finta di riordinare finchè lei mi chiede: “Possiamo fare un viaggetto? Tutta la famiglia ?”. Il cuore spinge verso il cervello, i piedi vincono la forza di gravità e sento l’energia che ritorna violenta. Le dico a gran voce: “Ma certo che si! E dove vorresti andare?”. La sua risposta è: “A Napoli, a mangiare la pizza e sentire la musica di Napoli e tutti che ridono”.
Questa è mia figlia. Mi recupera quando mi sento sdraiata e disarmata, e con un ceffone mi insegna la vita. Operativa Fabiana! Ci penso per qualche notte assieme a mio marito, troveremo un camper accessibile. Un nuovo mondo si apre davanti a noi.
Ne riparlo a Diletta che non riesce subito a comprendere bene cosa sia. La porto a vederlo. All’inizio un po’ di inquietudine e poi il verdetto di Diletta: “Wow! Si mi piace tanto, partiamo subito?”.
Non siamo partiti subito, partiremo domani pomeriggio per l’intero week end.
Ho liquidato tutti gli inadeguati con qualche momento di voce alta poco educata, e tanti segnali di indifferenza. Mi sono chiesta se io mi stia chiudendo troppo. In realtà credo di essere al giro finale della follia. Sono felice. Le sorelline di Diletta sono entusiaste, Diletta ha riso quasi un’ora nella prova del sacco a pelo. Sto chiudendo la porta a chi ha scelto da tempo di non aprirla, limitandosi a rimanere al massimo sul bordo dell’uscio. Ma Diletta è il mio motore. Lei sì che sa vivere! E allora questi 14 anni siano l’inizio di tanti viaggetti, di tante risate, di tanti momenti di riflessione, di tanto e di tutto nell’assaporare ogni singolo minimo istante che passeremo insieme.
Auguro a mia figlia Diletta di conservare la gioia di vivere che possiede e la pazienza nel sopportare una madre “rompi” come me. Sono felice e fortunata. Avere Diletta è come avere sette vite come i gatti. Ogni istante con lei e tutti noi è più intenso dell’intera vita di quelli che sono rimasti all’uscio, infiocchettati di ipocrisia malsana.
Grande Diletta! Mamma ti ama ogni oltre limite. Ama voi, tutte e tre le mie piccole donne. Grazie a chi mi concede di gridare attraverso questo spazio un momento così emozionante e intenso. Nel pacco regalo non potranno mancare tanti sorrisi.