Giorgio Gori arriva da solo poco dopo le venti, quando Matteo Renzi è già dentro la fondazione Metropolitan, un palazzo nel centro milanese dove ha deciso di riunire i giovani del panorama economico e finanziario lombardo per attovagliarli a una cena su invito e donazione partita da cinquemila euro e scesa nel corso dei giorni a mille. Pagati prima della cena su iban comunicato in anticipo. Incontro segretissimo e riservatissimo, gestito direttamente dallo staff fiorentino estromettendo completamente i comitati milanesi renziani, salvo Alessandro Alfieri, consigliere regionale del Pd e uomo ponte al nord del sindaco fiorentino. Ma l’idea di chiamare a raccolta il mondo finanziario è stata di Gori, l’organizzazione è toccata a Davide Serra, che ha anche realizzato, con la sua Algebris investments, lo studio argomento di discussione della serata: “L’Italia: problemi, conseguenze e raccomandazioni”.
Rilegato in brochure, dimensioni quaderno, in una cinquantina di slide è fotografato “il dramma che vive il nostro paese”, per dirla con le parole dello stesso Renzi: tanto debito e crescita ferma. Con un paragone debito/pil tra prima e seconda Repubblica e il risultato che il peggio è cominciato nel 1994 e l’inversione non è mai cambiata. Motivi? Secondo il duo Serra-Renzi la prima causa è l’evasione fiscale, “l’Italia messa peggio del Messico”; poi un sistema tributario complesso, spesa pubblica troppo alta, stipendi statali esagerati, troppa corruzione, servizi arretrati e via dicendo fino al berlusconiano “troppe tasse” per i cittadini certo ma anche e soprattutto per le imprese. Perché qui il rottamatore parla ai portafogli nella speranza di convincerli che con lui si apriranno per ricevere se oggi sono disposti a lasciar andare qualcosa per finanziare la sua campagna elettorale. Le spese del camper, che a Milano non s’è visto, sono ridicole rispetto a quanto costeranno sei mesi in giro per l’italia. Renzi lo sa, Gori pure. E lo sanno gli invitati. Per lo più ex Mckinsey, come Stefano Visalli e Yoram Gutgeld (due uomini di punta del pool economico del sindaco fiorentino).
ARRIVANO portafogli interessanti: il numero uno di Deutsche Bank Italia, Flavio Valeri, il presidente di Lazard e Allianz Italia, Carlo Salvatori, l’ex dg di Bpm, Enzo Chiesa, Andrea Soro di Royal Bank of Scotland e l’amministratore delegato di Amplifon, Franco Moscetti. Da Firenze sono arrivati Jacopo Mazzei, presidente dell’Ente Cassa di risparmio di Firenze ed Enzo Manes, presidente della Kme, il finanziere, Francesco Micheli. Non è voluto venire, invece, Tito Boeri, nonostante le insistenze di Renzi che lo ha incontrato nel primo pomeriggio alla Cattolica insieme a Massimo Bordignon. Alle diciassette si è spostato al Four Season. Dove ha avuto un colloquio con Roger Abravnel per definire ulteriormente la linea economica del suo programma. Neanche Abravnel si è palesato alla Fondazione Metropolitan. Ma il parterre è comunque degno di nota.
Poco prima delle ventidue tra i primi a lasciare la cena è il banchiere d’affari Guido Roberto Vitale non è deluso, anzi se ne va soddisfatto e convinto. “Renzi è bravo, parla come una persona di sinistra che non demonizza il capitalismo e non ha letto Marx, fortunamente”. Vitale è un finanziere di sinistra che si distinguono dagli altri, spiega, “perché paga le tasse” ma è “ovviamente interessato al profitto”. Massimo Moratti, altro banchiere da sempre col cuore tendenzialmente a sinistra, non si è visto, seppure fosse tra gli invitati. Come Tronchetti Pro-vera anche lui dato per certo non pervenuto. Ma ci sono giovani manager della Pirelli come di Mediobanca, del banco Santander e molti avvocati di studi che curano mediazioni societarie. Di politici nessuno, escluso Alfieri che si presenta a fine serata. Alle 22 e 30 la cena finisce e i portafogli cominciano a lasciare la Fondazione. Nessuno dice se e come ha finanziato il rottamatore fiorentino.