La cultura senza idee vive di assistenzialismo, a firma di Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera 8 ottobre scorso è un articolo che ci illustra a che punto siamo per quanto riguarda l’immagine che ha ormai la cultura in Italia anche presso chi dovrebbe difenderla.

L’incipit recita “Che cosa c’entra la Regione Lazio con il Cinema?” prendendo spunto dalla proteste previste durante il prossimo Festival del Cinema di Roma da parte di quanti ancora non hanno ricevuto pagamenti della Regione Lazio per l’edizione precedente e prosegue constatando che nessuna Regione deve perdere tempo a piazzare i propri lottizzati al vertice delle istituzioni culturali. E fin qui siamo perfettamente d’accordo. Il problema è che poi, da un’analisi iniziale di profonda correttezza che mira a stanare la corruzione di quanti abbiano fatto dei fondi pubblici destinati alla cultura un bancomat per le proprie tristi serate, si passa alla denigrazione tout court di un sistema culturale povero di idee e quindi pronto per l’equazione poche idee= necessità di assistenzialismo pubblico.

La logica quindi porta a dire che se quindi le idee fossero molte e buone, si potrebbe anche tollerare, e uso il verbo tollerare che immediatamente mette al centro la questione: la cultura in Italia è tollerata. Siamo giunti a questo. Prosegue quindi Battista nel dichiarare che in Italia ci sono pletore di registi, artisti, musicisti, noncuranti del fatto che i loro film e le loro opere non incassino nulla, non procurino quindi ricchezza, non entrino di fatto nel mercato e a cui dunque non resta che attingere come unica fonte di approvvigionamento ai fondi pubblici entrando a far parte della folta schiera dei parassiti. Ecco, a questo punto io credo che si debba approfondire la questione. Perché è vero, quello che dice Battista. Io lo so bene e mi sono sempre battuta contro questo. So per certo e lo vivo giorno per giorno sulla mia pelle, che ci sono direttori di teatri e direttori artistici di istituzioni culturali, funzionari di aziende pubbliche dedicate alla cultura che non solo restano pervicacemente attaccati alla loro poltrona fino a quando morte non sopraggiunge ma che nel frattempo nutrono schiere di parenti e amici incapaci, cioè parassiti appunto; so perfettamente che in Italia il merito, il talento, meglio si dovrebbe dire parlando d’arte, è ormai una insignificante variabile all’interno del pacchetto costituito invece in larga parte dalle grasse grosse amicizie politiche che molti registi, autori, attori, attrici e quant’altro possono vantare.

So perfettamente che, per una come me (e per fortuna non sono la sola) che ha costruito il suo percorso potendo contare solo sul proprio lavoro, è giorno dopo giorno sconvolgente vedere quanti e quali parassiti occupino posti di potere in istituzioni culturali senza averne alcun titolo, ma sul fatto che la cultura non sia affare pubblico ecco, su questo non sono davvero d’accordo. Mi pare invece che la cultura sia esattamente quello da cui la nostra Italia dovrebbe ripartire, con un progetto che finalmente leghi la parola Cultura alla parola Economia, alla parola Sviluppo, alla parola Occupazione e non alla parola Spreco, alla parola Tolleranza, alla parola Assistenzialismo ma piuttosto alla parola Talento, alla parola Crescita, alla parola Sfida, alla parola Genialità, alla parola Meritocrazia e dove per merito si intenda dare spazio alle Idee di cui si suppone la cultura debba nutrirsi.

Quello che latita in Italia è esattamente la cultura. E questo è certamente affare di governo, anzi direi si tratta esattamente di un affare di Stato. Una cultura che possa farci uscire dalle macerie di qualunquismo e pressapochismo in cui siamo precipitati, una cultura che possa far sì che non dobbiamo abbassare lo sguardo quando all’estero parlano di noi, per esempio. Ci si lamenta per esempio che il nostro cinema, tranne rari casi, non oltrepassi i confini nazionali, finalmente al di là del protezionismo di casta qualcuno ha iniziato a dirlo. Ma del resto è un problema anche quello: rottamata la vecchia guardia, come fare a crescere una generazione di autori sulle ceneri di un ventennio che ha raso al suolo lo spirito critico e ha fatto delle nuove generazioni dei perfetti Eraserhead ?

Se il governo Monti e il ministro Ornaghi sono in ascolto, li pregherei di dare in questo momento storico alla Cultura lo spazio che un paese come l’Italia si merita.

Il Paese tutto ne beneficerà. Serve una rivoluzione copernicana, si deve volare più in alto, seguire Icaro verso il sole perché da questo inizia la ricostruzione di un paese. Missione Icaro, dunque e non abbiate paura di squagliare le vostre ali.

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