La classifica del miglior "cibo da strada" stilata da VirtualTourist piazza il capoluogo siciliano nella top ten mondiale. Un trionfo per arancini e cannoli, ma che fine hanno fatto le capitali europee e le nostre città?
Sì vabbè, ok la Guida Michelin e quella del Gambero Rosso pure. Ma a chi preferisce una vita culinaria un po’ meno di classe chi ci pensa? La risposta è VirtualTourist, la community di viaggi fondata negli Stati Uniti a metà anni Novanta. I realizzatori del portale hanno ben pensato di stilare una classifica dei migliori ‘cibi da strada’ del mondo, si presume consapevoli del fatto che, viaggio o non viaggio, chi ha in tasca solo qualche spicciolo non necessariamente è disposto a mangiar male, anzi.
Vediamola, dunque, questa top ten:
Trionfa Bangkok, dunque, sul podio assieme alle altrettanto esotiche Singapore e Penang. Fiori all’occhiello della capitale thailandese il pollo al curry, il pad thai e le decine di piatti a base di mango o papaya. A premiare Singapore, invece, la possibilità di trovare, indifferentemente e con grande facilità, street food cinese, indiano o malese. Poi, dopo Penang e la marocchina Marrakech (patria del cous cous) finalmente la nostra Palermo, prima città europea della graduatoria. A incantare la “giuria” son stati i giustamente celebri piatti della tradizione: dagli arancini di riso al pani ca’ meusa, dalle panelle al sacrosanto cannolo. Un vero e proprio trionfo di sapore, insomma, per il capoluogo siciliano.
Ma le classifiche, si sa, sono fatte apposta per essere criticate e discusse. Dunque ecco le domande che ci sono venute in mente scorrendo e riscorrendo la lista di VirtualTourist. Delle altre capitali europee che ne è stato? A parte il nono posto di Bruxelles (consigliati caldamente patate fritte al cartoccio e waffle incandescenti) c’è il vuoto assoluto, a mano di non voler considerare Istanbul (settima) una capitale europea a tutti gli effetti. E poi, onore a Palermo, ma siamo certi che nessun’altra città italiana meritasse una citazione? Saper mangiare bene, ovunque e a qualsiasi ora, dovrebbe essere una prerogativa nazionale: possibile che crisi, “americanizzazione” dei cibi veloci e sciagurate ordinanze ci abbiano privato anche di questo?