Crociata targata Pd in riviera contro i super stipendi dei manager Hera. Dopo aver applaudito i sindaci di Forlì, Cesena e Rimini che in maggio avevano inviato una lettera all’utility chiedendo di tagliare i compensi dei suoi vertici, il presidente della Provincia riminese, Stefano Vitali del Pd, torna all’attacco.
Ieri Vitali ha creato una pagina Facebook ad hoc e l’ha chiamata “Devono prendere meno di Obama”, pubblicandovi post come “Vorrei riuscire ad indignare un po’ di persone” oppure “I dirigenti delle aziende pubbliche non possono avere stipendi da favola”. Ai piani alti del suo partito si preferisce ancora una volta la linea del prudente silenzio, ma in poche ore sono già stati raggiunti un centinaio di “mi piace” e le adesioni proseguono. Il capogruppo Sel-Fc Fabio Pazzaglia è raggiante e chiama in causa anche il sindaco di Rimini Andrea Gnassi: “Ci rivolgiamo a Gnassi e Vitali per chiedere di far partire proprio da Rimini un’iniziativa volta a coinvolgere il maggior numero di soci di Hera proponendo loro di votare nei rispettivi Consigli comunali e provinciali emiliano-romagnoli un ordine del giorno sulla riduzione dei compensi”.
Qual è il problema che pone il presidente della Provincia? In un periodo di crisi come quello che viviamo bisogna combattere la casta non solo nei palazzi della politica, ma anche in quelli delle sue aziende “pubbliche” ormai solo sulla carta: “C’è un grande bisogno di normalità oggi, ce lo chiedono i cittadini. Le istituzioni locali hanno sollecitato una riduzione degli stipendi da parte di presidente e amministratore delegato di Hera conformemente a quanto previsto per i manager pubblici, ma si fa finta di niente”, dice Vitali.
Dunque, vale la pena dare un’occhiata ai numeri. Se il presidente degli Stati Uniti si porta a casa circa 285mila euro all’anno, i manager dell’utility bolognese lo doppiano o quasi. Spulciando tra gli stipendi del 2011, spicca che il presidente di Hera Tomaso Tommasi di Vignano ha percepito 350mila euro di compenso fisso, 117mila euro alla voce “bonus e altri incentivi”, 6mila euro di “benefici non monetari” e 2mila alla voce “altri compensi”: in totale 475mila euro. L’amministratore delegato Maurizio Chiarini ha oltrepassato di 18mila euro il mezzo milione. di euro. Per entrambi, insomma, si superano i 40mila euro al mese. I 18 consiglieri di Hera, ancora secondo i numeri del 2011, sono costati 2,3 milioni di euro complessivamente.
Vitali, che si ferma a 60mila euro all’anno, ne fa quindi un problema di “indignazione” e auspica un sussulto dal basso, come si dice oggi, senza rinunciare a massicce dosi d’ironia: “Per togliere dall’imbarazzo Chiarini, Obama ha deciso di aumentarsi lo stipendio”, scrive il presidente riminese in un altro dei post di “Devono prendere meno di Obama”. La battaglia del presidente della Provincia di Rimini, non a caso, viene riproposta a qualche giorno dall’approvazione da parte dell’assemblea dei soci di Hera della fusione con Acegas-Aps, rigettata bocciata dai Consigli comunali della stessa Rimini, di Forlì e di un’altra quindicina di Comuni in Emilia-Romagna. Il presidente del patto di sindacato di Hera e sindaco di Imola, Daniele Manca, ha già invitato i colleghi ‘ribelli’ a non confondere la regolazione del servizio (tariffe in primis) con le politiche di consolidamento industriale, ma ha pure minimizzato la questione degli stipendi di Chiarini e compagnia ricordando che sono già stati tagliati e che per tagliarli di nuovo bisogna guardarci.
Intanto, Pazzaglia entra nel dettaglio del suo ordine del giorno che propone di “allineare i compensi del presidente e dell’ad di Hera alla retribuzione dei dirigenti degli enti pubblici, attestandoli ad un livello non superiore a 200mila euro lordi annui, e di ridurre i compensi degli altri membri del Cda, portandoli ad un livello non superiore ai 30mila euro lordi annui”.