Concamarise, il più piccolo comune della Bassa Veronese (1000 abitanti, il 10% dei quali stranieri), dice stop al burqa nei luoghi pubblici. A firmare l’ordinanza che vieta in tutto il territorio comunale, nelle aree pubbliche o aperte al pubblico poste nelle vicinanze di scuole, asili, giardini e uffici, di indossare “un abbigliamento – si legge nell’atto amministrativo – che renda difficoltosa l’immediata riconoscibilità della persona”, il sindaco leghista Cristiano Zuliani. Un personaggio molto attivo nella piccola comunità della Bassa, già balzato agli onori delle cronache per aver svolto – in risposta ai tagli del governo – l’attività di accompagnatore di bambini nelle scuole del territorio, sorvegliante e autista di scuolabus.
A onor del vero la parola burqa nel testo dell’ordinanza non compare, ma è lo stesso primo cittadino, dalle pagine del quotidiano L’Arena, a togliere ogni dubbio sul fatto che la necessità di adottare questo provvedimento gli sia stata suggerita da alcuni cittadini preoccupati dopo l’avvistamento in paese, nei giorni scorsi, di una donna interamente coperta dall’abito di tradizione musulmana. Una visione non frequente da quelle parti, dove più o meno si conoscono tutti. “A essere avvistata – dichiara Zuliani su L’Arena – è stata una sola donna, integralmente coperta dal burqa ma, considerate le segnalazioni dei cittadini e il fatto che in passato la stessa non lo indossava, ho ritenuto di intervenire per prevenire la diffusione di questa tradizione invisa ai residenti”. Ma il sindaco non vuole passare per razzista e intollerante e precisa quali sono i veri intenti del provvedimento: “Non si tratta di intolleranza religiosa, anzi, l’ordinanza mira proprio a facilitare l‘integrazione attraverso il rispetto di alcune regole”, senza dimenticare l’aspetto della sicurezza: “Ritengo giusto – spiega ancora il primo cittadino veronese – che le persone nei luoghi pubblici possano essere riconosciute”. L’ordinanza, peraltro, mette tutti d’accordo in paese. Anche i consiglieri di minoranza, infatti, non hanno nulla da ridire sull’iniziativa del sindaco e parlano di ordinanza generica prevista dalla legge italiana che “ci trova d’accordo – sostiene sempre su L’Arena Ivan Rossetti, capogruppo di minoranza – perché finalizzata a soddisfare le richieste dei cittadini e utile per una migliore integrazione”. I trasgressori saranno multati con una sanzione di 500 euro.
Non è la prima ordinanza di questo tipo che viene adottata in Italia dai sindaci. Per citare qualche esempio, nel novembre del 2009 Gianluca Bonanno, sindaco leghista del Comune di Varallo, in provincia di Vercelli, ha emanato un provvedimento che vieta su tutto il territorio comunale di indossare burqa e niqab, il velo islamico che lascia scoperti gli occhi. Il primo cittadino piemontese ha giustificato l’ordinanza dicendo che “occorre prevenire per favorire una vera e sana integrazione contingentata”. Qualche giorno prima del provvedimento, il sindaco leghista aveva acquistato, a spese del comune, un ingente quantitativo di crocefissi da regalare a chi ne avesse fatto richiesta.
Più recente il caso di Sesto San Giovanni, grosso comune alle porte di Milano. Nel febbraio del 2011, nell’ex roccaforte rossa lombarda, è stata votata quasi all’unanimità una mozione anti-burqa presentata da un consigliere leghista. Altri provvedimenti del genere anche nel Comune di Montegrotto Terme, in provincia di Padova. Ha fatto scalpore, poi, nel settembre del 2010, la protesta di un gruppo di mamme di Sonnino, in provincia di Latina, preoccupate dal fatto che i loro bambini non volevano più andare all’asilo, dopo aver visto una donna interamente coperta dal velo islamico accompagnare il proprio figlio. E ancora a Mantova, nel novembre del 2010, un funzionario della Motorizzazione Civile ha costretto una ragazza maghrebina a togliersi il velo per sostenere l’esame di guida. Temeva che la donna nascondesse un auricolare.