Dal pasticcio delle carte sparite dagli uffici dell'Idv all'inchiesta sul governatore Vasco Errani accusato di aver favorito il fratello. Dalle interviste a pagamento (coinvolti Pd e Movimento 5 stelle) agli sprechi della consulta degli emiliano romagnoli nel mondo. Dalle auto blu alle cene. Così il palazzo rischia di essere travolto
Un anno maledetto, il 2012. E non solo per il terremoto, che ha messo in ginocchio un pezzo del suo territorio, ma anche per le inchieste giudiziarie che in Emilia Romagna potrebbero far sfumare l’obiettivo del 2015, quando l’attuale legislatura regionale arriverà a scadenza. Se dall’estate in poi la guardia di finanza è diventata una presenza frequenza nei palazzi di viale Aldo Moro, di fatto sono molti di più i mesi scanditi da ipotesi di reato come falso ideologico e peculato per finanziamenti sospetti, interviste a pagamento, rimborsi spesa e auto blu. Ipotesi di reato che hanno riguardato dal governatore Vasco Errani in giù.
A rischio c’è insomma una roccaforte del centrosinistra, dopo la debacle del Lazio azzurro di Renata Polverini e della Lombardia Roberto Formigoni con tentativi di boicottaggio delle leghiste Veneto e Piemonte. Tuttavia qui, nella terra rossa per eccellenza, la parola “dimissioni” rimane impronunciabile tanto nei banchi della maggioranza quanto in quelli dell’opposizione di centrodestra. E in sostanza sono due i motivi: da un lato, occorre arrivare – quasi fatto – all’anzianità legislativa di 30 mesi che per l’ultima volta darà accesso al vitalizio. Dall’altro anche Pdl, Lega Nord e Udc devono dare una serie di spiegazioni alla magistratura soprattutto ora che la procura ha appena messo a punto un piano operativo per catalogare e studiare gli oltre 500 faldoni acquisiti in Regione.
E poi, sempre sul fronte del centrodestra, c’è l’affaraccio del consigliere Alberto Vecchi (Pdl), freschissimo del rinvio a giudizio per truffa alla Regione (che, pur parte lesa, ha deciso di non costituirsi parte civile). A partire dal prossimo 13 marzo, infatti, dovrà rispondere ai giudici degli 80 mila dei rimborsi chilometrici ricevuti dopo aver spostato nel 2006 la sua residenza da Bologna a Castelluccio di Porretta Terme, 60 chilometri dal capoluogo.
Se su questa faccenda il pm Rossella Poggioli ha ottenuto il processo per Vecchi, in procura si continua a lavorare per procedere con le diverse indagini in corso. Nei giorni scorsi un vertice convocato al quinto piano di piazza Trento e Trieste ha visto partecipare il procuratore capo Roberto Alfonso, l’aggiunto Valter Giovannini, i sostituti Morena Plazzi e Antonella Scandellari, e i 5 finanzieri assegnati alle inchieste sulla Regione. Si è fatto il punto del lavoro svolto nelle ultime settimane e per il prossimo futuro è stato deciso di riordinare la documentazione raccolta per poi procedere con i successivi approfondimenti perché di carne al fuoco ce n’è tanta.
Marzo: avviso per Errani, indagato per falso ideologico
Per ripercorrere l’annus horribilis della Regione si deve iniziare dalla metà di marzo. Il presidente Vasco Errani, in anticipo di due mesi abbondanti rispetto alle scosse di terremoto che lo chiameranno all’ulteriore onere di commissario straordinario, vive un proprio sisma. Succede quando la procura della Repubblica di Bologna che gli notifica un avviso di fine indagine per falso ideologico. La vicenda riguarda il fratello Giovanni e la cooperativa di cui è stato presidente fino al 2010, Terremerse, beneficiaria di un finanziamento da un milione di euro per uno stabilimento vinicolo a Imola.
Il denaro era stato stanziato nell’ambito del piano regionale per lo sviluppo rurale e secondo i magistrati – il pm Scandellari e il procuratore Alfonso – il presidente della Regione, portando in procura una lettera, Errani ha sostenuto la correttezza dell’iter amministrativo per depistare gli inquirenti e tutelare il fratello. Secondo alcuni, dopo la notifica dell’avviso, il numero uno di viale Aldo Moro tentenna, pensa forse alle dimissioni, ma poi resta al suo posto e il 14 agosto si presenta a un’assemblea regionale straordinaria sostenendo: “Ho fiducia nell’operato della magistratura. Peraltro so di non avere mai sfavorito o favorito alcuno”.
Intervistati in tivvù, ma con i soldi dei gruppi consiliari
Mentre le attività investigative proseguono mantenendo un profilo di riservatezza, alla vigilia di Ferragosto, ad arroventare lo zenit dell’estate bolognese, non ci sono solo le temperature. C’è anche la vicenda delle interviste a pagamento nelle televisioni private dell’Emilia Romagna. Il denaro è quello di quasi tutti i gruppi consiliari – da Pd a Pdl, da M5S a Udc, da Lega Nord a Federazione della Sinistra, con esclusione di Idv – e viene versato alle emittenti per ospitate che costavano in media tra i 200 e 300 euro a volta. Si comprava in blocco, con “carnet” che in genere prevedevano una decina di apparizioni.
La procura decide di indagare per peculato contro ignoti. Ma intento le fiamme gialle, su mandato del pm Scandellari, iniziano a visitare gli uffici di viale Aldo Moro per acquisire contratti e fatture. Si muove anche l’ordine dei giornalisti, che non esclude provvedimenti disciplinari alle testate e ai giornalisti coinvolti.
Il pasticciaccio dell’Idv e il budget regionale 2005-2010
Un mese dopo diviene pubblica la notizia che esiste un’altra inchiesta per peculato. Stavolta un indagato c’è: si tratta di Paolo Nanni, nel frattempo passato dalla Regione alla Provincia, che tra il 2005 e il 2010 era stato capogruppo dell’Idv in viale Aldo Moro. Il fascicolo nasce da un’intervista rilasciata da un ex del partito, Domenico Morace, fino al 2009 coordinatore cittadino. Qui si chiede conto dei 450 mila euro a disposizione del gruppo che non sarebbe stata trasparente.
Sulle prime la vicenda si tramuta in querele incrociate. Ma qualche mese dopo, mentre a Vasto è in corso il meeting nazionale del partito, si viene a sapere dell’inchiesta e dai primi riscontri qualcosa di anomalo sembra emergere, come 4 cene nella stessa sera, un convegno fantasma e meeting organizzati a ridosso di compleanni in famiglia disdetti all’ultimo. Antonio Di Pietro chiede un passo indietro a Nanni, già finito nei guai per una storia di pass invalidi, e lui, capogruppo in Provincia, ottempera e si dimette dal partito per confluire nel gruppo misto. Conserva però la carica di consigliere. Niente di illecito, a suo avviso, al massimo qualche errore contabile.
Il denaro dei gruppi: nasce un pool investigativo ad hoc
A ruota si apre l’ennesimo capitolo. Si approssima l’autunno e stavolta sono le spese di tutti i gruppi consiliari in Regione ad attirare l’attenzione dei magistrati. Se ne parla insistentemente e, sulla scorta di quanto sta avvenendo da sud a nord, da Torino a Napoli con la vetta del caso Fiorito in Lazio, anche qui si decide di verificare. Il 1 ottobre è stato anche formalizzato un pool ad hoc composto dai pm Plazzi e Scandellari e da 5 uomini della guardia di finanza, che fanno varie visite in Regione, compresa quella del 2 ottobre, quando è in corso l’assemblea legislativa che discute dei tagli alla politica. Libri contabili, documenti finanziari, fatture e ricevute di due legislature (2005-2010 e 2010-2012) in originale, il digitale non basta.
A inizio ottobre, poi, ilFattoquotidiano.it entra in possesso delle ricevute di viaggi su auto a noleggio del presidente dell’Assemblea legislativa Matteo Richetti. Nel mirino, in particolare, come documentato dal M5S per il 2011, una maratona del 13 settembre 2011 iniziata di prima mattina nel modenese, dove il politico vive, e conclusasi qui a notte fonda. Le tappe intermedie sono Roma, al Quirinale, e Ancona, dove il Pd ha organizzato una manifestazione di partito sulle spese della politica invitando Richetti in veste ufficiale. Il costo della trasferta supera i mille euro.
Inoltre, nonostante le auto blu full time fossero state abolite ad avvio di legislatura, iniziano ad emergere altri viaggi a cui hanno partecipato esponenti non solo del Pd, ma anche di altri schieramenti, come la Federazione della Sinistra e il Movimento 5 Stelle.
La “cassa” per i collaboratori di partito, gli emiliani nel mondo e le sagre
A questo punto ogni aspetto delle spese pubbliche viene sviscerato. Si fa l’elenco dei collaboratori di partito che, in Regione o nelle partecipate, hanno avuto per un po’ uno stipendio. Sono collaborazioni che vanno da qualche mese fino a un massimo di 2 anni con compensi che variano dalle poche centinaia di euro fino alle decine di migliaia. E sono casi trasversali: dall’Idv ai partiti di sinistra, dal Carroccio della Roma ladrona al Pdl. Sono incarichi, questi, che possono non avere rilevanza penale, ma che hanno acceso un dibattito sui soldi della Regione usati per ricompensare donne e uomini di buona volontà partitica.
Si aggiunge poi la questione della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo alla cui guida c’è la democratica Silvia Bartolini. Creata nel 2006 e composta da 53 persone, vive di 2 riunioni l’anno per promuovere progetti che contribuiscano a mantenere la cultura locale di chi ha lasciato la regione per stabilirsi all’estero. Nel 2007 questo organismo ha speso 320 mila euro e nel biennio successo 280 mila all’anno. In totale, però, in quel periodo sono stati 3 i milioni stanziati dalla Regione in un triennio.
Altro elemento di polemica è rappresentato dai contributi a enti pubblici locali per attività di interesse della Regione. Sotto questo capitolo di spesa sono andati finanziamenti a realtà come l’accademia della muffa nobile di Zola Predosa (5 mila euro), la fiera del fungo porcino di Albareto (8 mila) o il centro di documentazione per la patata di Budrio (15 mila). Se la curiosità suscitata dalle mission sostenute con soldi regionali può essere parata sostenendo che sempre attività made in Emilia Romagna sono, meno spiegabili sembrano i denari elargiti alla fondazione del cricket di Roma (1.500 euro), alla federazione italiana del tempo libero (ha sede sempre nella capitale, 15 mila) o i 7 sette dromedari del Sahara acquistati nel 2010 per ragioni umanitarie.
La lunga notte delle fotocopie e la spazzatura delle cene in ufficio
Uno dei capitolo più recenti è legato alla spazzatura. O, meglio, a quattro sacchi della spazzatura che il consigliere regionale Matteo Riva, ex Idv e poi confluito nel gruppo misto dopo l’espulsione del partito, vede portare via a sera inoltrata di un festivo per Bologna, il 4 ottobre, San Petronio, il patrono della città. L’episodio gli sembra strano perché è il periodo in cui i gruppi devono preparare la documentazione per le fiamme gialle e il suo racconto attira l’attenzione della procura. Ma i pidietristi intervengono: nei sacchi c’erano solo i resti di pasti che in quei giorni 4 collaboratori hanno consumato in ufficio per rispettare i tempi imposti dalla guardia di finanza. Se i sacchi sono poi finiti in un cassonetto di via Milazzo, a qualche chilometro, è solo perché – sostengono dall’Idv – i 4 si sono persi nel dedalo dei palazzi della Regione.
Insomma, anche un episodio all’apparenza banale diventa oggetto di approfondimenti della magistratura. E di documenti contabili, nelle ultime settimane, ne sono girati parecchi per le redazioni dei giornali. Rendiconti, ricevute, attività consiliari che forse superano i confini delle iniziative di partito. Tutto ciò a testimonianza di un clima che continua a esorcizzare il pericolo elezioni, ma che ha tutto l’aspetto di una guerra interna alla Regione, dove ogni gruppo deve dimostrarsi più virtuoso – o meno spendaccione – degli altri. Di certo, al momento, c’è che le prossime settimane potrebbero riservare sorprese, una volta che la guardia di finanza avrà finito con il primo giro di verifiche al momento nel pieno.