Marco Magnani, 42 anni, è senior fellow nella prestigiosa università americana, dove è stato chiamato dall'ex ministro di Clinton. Prima a JpMorgan poi a Mediobanca, ora è tornato in Usa per seguire il progetto che vuole riscoprire i punti di forza del nostro Paese. Obiettivo: “merito, visione di lungo termine e speranza”
Per ridare fiducia ai suoi ragazzi, travolti dalle emergenze del presente e spesso privi di un progetto per il futuro, l’Italia deve ricominciare a ragionare a lungo termine. “Senza una visione, le giovani generazioni perdono la speranza di realizzare i propri sogni e il Paese perde il loro contributo”, spiega Marco Magnani, (nella foto a sinistra insieme all’ex presidente della Bce Jean-Claude Trichet) senior fellow alla Kennedy school of government di Harvard, dove è stato chiamato direttamente da Larry Summers, già rettore dell’ateneo e ministro del tesoro con Clinton. “Ha creduto in un’idea che avevo da tempo nel cassetto e mi ha aiutato a trasformarla nel progetto Italy 2030“. Si tratta di una raccolta di proposte per superare le sfide sociali ed economiche dei prossimi decenni, attraverso ricette di crescita che mirano alla riscoperta degli elementi che tradizionalmente sono stati punti di forza per l’Italia.
“Credo sia molto importante recuperare la dimensione locale dello sviluppo e valorizzare le eccellenze territoriali. Se con la globalizzazione non siamo più in grado di competere in termini di costi, possiamo ancora puntare sulla varietà di un’offerta che rispecchi le peculiarità territoriali e sulla capacità di affermare prodotti di qualità a livello internazionale”. Per farlo, sarà necessario prestare maggiore attenzione ai contesti locali, al fine di evitare interventi di tipo generalista e progettare politiche pubbliche efficaci. “Le diverse Italie possono rendere unica l’Italia”, è uno degli slogan coniati da Magnani. Unica è anche la sua storia, iniziata proprio in un territorio che vanta numerose tradizioni di eccellenza: la provincia di Parma. A sedici anni la sua prima esperienza all’estero, un anno di superiori negli Stati Uniti, poi la laurea in economia politica alla Sapienza, seguita da un Mba alla Columbia University in finanza internazionale, sponsorizzato dalla prestigiosa borsa di studio ‘Luciano Jona’.
“Dopo il master, mi è sembrato naturale proseguire l’esperienza americana, per ampliare le mie prospettive e acquisire un profilo internazionale”. Quale luogo migliore di New York per raggiungere questi obiettivi? A 29 anni è già uno dei vice presidenti del colosso bancario JP Morgan, poi, nel 2003, la decisione di tornare in Italia come dirigente in Mediobanca, “per completare il mio percorso professionale e personale con un’esperienza europea”. Nel 2011, a 41 anni, ha chiesto l’aspettativa per riattraversare l’oceano ed inseguire il sogno di Italy 2030. “Per riflettere sui problemi dell’Italia è utile allontanarsi per qualche tempo, altrimenti si rischia di essere sopraffatti dalla logica di parte che avvolge qualsiasi ragionamento fatto entro i confini nazionali”. I risultati del progetto, per cui si avvale della collaborazione di tre giovani economisti, due italiani e un’americana, saranno pubblicati in un libro, che uscirà il prossimo anno in inglese e italiano. Ogni capitolo descriverà proposte di riforma su un tema preciso, con un filo conduttore che può riassumersi in tre concetti: “merito, visione di lungo termine e speranza nel futuro”. Tra gli argomenti trattati, strategie per eliminare gli ostacoli strutturali che frenano la mobilità sociale, favorire la creatività imprenditoriale degli Italiani, generare sviluppo e crescita dal più grande patrimonio artistico-culturale-naturalistico del mondo, tradurre in commercio estero l’immagine positiva dell’Italia nel mondo, coordinare pubblico e privato per un sistema educativo più vicino alle necessità del mondo del lavoro.
A distinguere Italy 2030 da altre iniziative simili, il fatto che “tutte le proposte sono a ‘costo zero’, o comunque non richiedono investimenti che oggi in Italia non ci possiamo permettere, e indirizzate soprattutto ai giovani, come del resto si capisce dal titolo”. Ad esempio, il lavoro di Magnani ha evidenziato che posticipando anche solo di un paio di anni (da 13 a 15) il momento in cui un ragazzo è chiamato a scegliere l’indirizzo scolastico superiore, diminuirebbe notevolmente l’influenza delle famiglie di origine sulla decisione stessa, lasciando spazio alle attitudini e alle passioni del giovane. Questo è importante, perché la scelta della scuola superiore condiziona inevitabilmente il proseguimento degli studi ed è oggi tra le cause principali della scarsa mobilità sociale in Italia. “Non solo siamo il Paese in cui chi ha fatto il liceo classico lo impone ai propri figli, ma anche quello in cui circa il 40% dei medici e dei farmacisti ha almeno un genitore che ha svolto la stessa professione. Per avvocati, notai e architetti la percentuale è ancora più alta”. Marco Magnani spera che l’Italia del 2030 sarà diversa e vuole dare il suo contributo al cambiamento. “L’obiettivo è tornare il prossimo anno e far fruttare quello che ho imparato, magari dando una mano a far diventare realtà le proposte elaborate a Harvard”. Non sarebbe certo la prima volta che decide di impegnarsi in prima persona per i giovani. Da diversi anni collabora con organizzazioni non-profit e dal 2011 è presidente nazionale di Intercultura, un’associazione che promuove e sponsorizza gli scambi internazionali di studenti. Selezionato tra gli Young Global Leaders del World Economic Forum, Magnani sa bene quanto sia importante un’esperienza all’estero per confrontarsi con persone e culture di tutto il mondo. Speriamo che, grazie anche al suo esempio, siano in molti quelli che decideranno di andare. E poi di tornare.