Per il capo della Dda di Milano, Ilda Boccassini, non ha denunciato il tentativo di voto di scambio “per paura” di ritorsioni da parte delle cosche. Lui invece cade dalle nuvole: “Non avevo consapevolezza che fosse la ‘ndrangheta, pensavo a dei voti di alcune famiglie poco serie”. Chi è? Il nuovo eroe della legalità targato Lega Nord: Marco Tizzoni, consigliere comunale di Rho. L’uomo che Roberto Maroni vorrebbe a capo della futura commissione regionale antimafia, per “fare finalmente pulizia anche dentro Palazzo Lombardia”. Peccato che, come ammette lui stesso, di criminalità organizzata non sappia un fico secco.
Ha un merito però: a differenza di Domenico Zambetti, alle elezioni comunali di Rho del 2011 rifiuta (inconsapevolmente, come dice lui) l’abbraccio mortale dei clan che controllano politica e affari all’ombra del Pirellone. E alla richiesta di denaro in cambio di voti risponde “no, grazie”. “Un atto encomiabile e doveroso – dice la Boccassini il 10 ottobre, durante la conferenza stampa in procura dopo gli arresti – Al quale però non è seguita una denuncia perché intimorito. E anche questo è un dato inquietante”.
Non proprio un pedigree di alto profilo per presiedere la commissione antimafia di una delle regioni più infiltrate dai boss. Ma al segretario del Carroccio e al presidente del consiglio regionale lombardo, Fabrizio Cecchetti, quell’ignaro “no grazie” basta e avanza: sarà lui l’alfiere padano della lotta al crimine organizzato.
Il 10 ottobre, giorno del blitz, davanti alle telecamere del fattoquotidiano.it, il diretto interessato ribadisce di non aver dato minimamente “peso alla vicenda” e ricostruisce l’accaduto: “Dopo il ballottaggio, la mia lista (Gente di Rho, ndr) si apparenta con la Lega. Al quel punto vengo avvicinato da un certo Marco Scalambra (finito agli arresti il 10 ottobre assieme a Zambetti, ndr) che era compagno di ballo di una ragazza in lista con me. Mi dice che lui è in possesso di un pacchetto di voti veri che possono essere direzionati a suo piacimento e di andare a parlare con queste persone. Io gli rispondo che non se ne parla neanche”.
Un netto rifiuto, insomma. Nonostante Tizzoni senta puzza di bruciato, derubrica l’episodio come “le solite persone che ti avvicinano in campagna elettorale”. Non solo si guarda bene dallo sporgere denuncia, ma decide di non dire niente nemmeno al candidato sindaco della sua coalizione (quel Cecchetti che lo vorrebbe a capo dell’antimafia lombarda).
Le carte della procura di Milano riportano un sms che Scalambra invia a Tizzoni: “Ho cercato di portarti i voti della lobby calabrese ma purtroppo sono già impegnati. Ne rimangono circa 300, quelli avuti da Zambetti alle regionali, fai sapere a Monica entro domani mattina se ti interessano come elettori”. Secondo gli inquirenti, i voti di Zambetti, sono quelli controllati da Eugenio Costantino, il presunto referente lombardo della ‘ndrangheta al quale si rivolge Scalambra. C’è anche il prezzo: per 200 voti sono 20mila euro, 5mila da sborsare subito, durante la campagna elettorale. 100 euro a voto, il doppio di quanto speso dall’assessore per le regionali del 2010.
Ricevuto il messaggio, Tizzoni – con fare un po’ stupito, annotano gli investigatori – chiama Scalambra per riferirgli di aver ricevuto, nella stessa giornata, l’offerta di sostegno elettorale (da lui non richiesta) di Rossana Valvassoro, referente di Zambetti nel territorio di Rho. Il presunto amico dei padrini prende la palla al balzo per fargli capire che dietro l’operazione c’è il suo zampino: “L’azione non è casuale, hai capito?”. Ma Tizzoni oppone il suo rifiuto: “Non ti preoccupare andiamo avanti da soli senza aiuti di lobby e gruppi strani! incrociamo le dita e w gente di Rho!!”.
Secondo gli investigatori, Scalambra sa benissimo che “lobby” e “gruppi strani” sono composti da “precisi elementi della criminalità organizzata calabrese”. Il candidato di Maroni all’antimafia lombarda, al contrario, non si immagina nemmeno che le “strane famiglie” possano avere qualcosa a che spartire coi clan e, nel dubbio, si guarda bene dal fare anche solo una telefonata ai carabinieri per segnalare quei contatti sospetti. Ma, anche in assenza dell’aggravante mafiosa, la compravendita di voti è di per sé un reato. E un amministratore pubblico dovrebbe saperlo.
Resta infine da chiarire il ruolo di Monica, la fantomatica compagna di ballo di Scalambra che milita nella stessa lista di Tizzoni. Secondo i pm è lei che, con insistenza, cerca di spingere la coalizione Gente di Rho – Lega Nord nelle braccia della ‘ndrangheta. I due al telefono si scambiano opinioni risentite sul suo niet: “Il Tizzo è un idealista”, dice lei. “Un errore grossolano. Da dilettante”, sentenzia lui.
Un “errore” che però oggi fa tirare un bel respiro di sollievo ai vertici del Caroccio. “Mai sconfitta fu così bella, perché maturata rifiutando i voti della ‘ndrangheta”, si felicita Cecchetti. Peccato che il candidato all’antimafia padana non abbia mai fatto nessun collegamento (e, ripetiamo ancora, nessuna denuncia) fra “lobby calabresi”, “strane famiglie”, compravendita di voti e le cosche.