Secondo un rapporto dell’Osservatorio delle congiunture economiche, il centro di ricerca della prestigiosa università parigina Sciences Po, nel 2013 il Pil italiano calerà dell'1,1%, contro il -02,% atteso dal governo con il premier che aveva confermato il raggiungimento degli obiettivi. Che secondo gli esperti potranno essere raggiunti solo con misure di austerity aggiuntive
Si salvi chi può. Se la stangata contenuta nella manovra di stabilità fa già paura, il peggio potrebbe non essere ancora arrivato. Parola degli economisti francesi che, contrariamente all’ottimismo più volte ribadito dal premier, non credono affatto che l’Italia possa raggiungere gli obiettivi di pareggio di bilancio che si è prefissata. Neanche giocando sulle parole “strutturale” e “operativo”.
Secondo un rapporto dell’Ofce, l’Osservatorio francese delle congiunture economiche, il centro di ricerca della prestigiosa università parigina Sciences Po, infatti, solo con misure di austerity aggiuntive l’obiettivo del governo italiano di riduzione del rapporto deficit/pil all’1,7% nel 2012 e allo 0,5% nel 2013 sarà raggiunto. Per l’Italia, infatti, alle condizioni attuali le stime dei francesi parlano di un calo del pil nel 2013 dell’1,1% (-2,4% nel 2012), “lontano dalle stime del governo” che prevedono un calo dello 0,2 per cento. Ancora peggio, quindi, delle ultime previsioni della Banca d’Italia che nel suo ultimo bollettino economico ha parlato di un pil 2013 a -0,7 per cento.
“Nonostante gli sforzi di bilancio, il rapporto deficit/pil dell’Italia dovrebbe attestarsi al 2,5% nel 2012 e all’1,3% nel 2013 in assenza di misure aggiuntive – sottolinea l’analisi intitolata L’austerità ad ogni costo -. Se il governo intendesse mantenere il suo impegno dovrebbe varare un nuovo piano di austerity di 9,5 miliardi di euro nel 2012 e di 10 miliardi nel 2013”. Some che però non tengono conto della manovra da 12,5 miliardi che ha appena iniziato l’iter parlamentare e che ridurrebbe il gap a circa 7 miliardi. Le prospettive economiche del Paese, comunque, non sono rosee. Un concetto non molto diverso da quello esposto dal presidente della Corte dei Conti, Luigi Gianpaolino, che il 2 ottobre alla Camera aveva parlato di “terapia molto costosa e, in parte, inefficace”.
Dopo quattro trimestri consecutivi di recessione, sottolinea l’Osservatorio nel suo rapporto, “possiamo affermare che l’Italia è ripiombata nella crisi”. Il crollo delle importazioni (-8% nel secondo trimestre a livello tendenziale) “non ha permesso di compensare il crollo dell’investimento (-9,3%) e dei consumi privati (-3,5%) mentre si osserva un aumento del risparmio precauzionale e una riduzione dell’apparato produttivo con un aumento del numero dei fallimenti delle imprese (nel primo semestre 2012 sono 6.321 le aziende in Italia che hanno avviato le procedure fallimentare. Dal primo gennaio 2009 sono complessivamente 39.159). La situazione, essenzialmente legata al risanamento dei conti pubblici in corso, non dovrebbe cambiare a breve”.
L’obiettivo di risanamento dei conti pubblici, che deve portare l’Italia verso il pareggio strutturale nel 2013, “sarà reso più difficile a fine 2012 e nel 2013 con delle prospettive di domanda estera deteriorate nella zona euro”. Il rigore, sottolinea l’Ofce, “non dovrebbe permettere al paese di ritornare alla crescita nei mesi a venire, rendendo ancora più difficile il risanamento dei conti pubblici”.
Solo la politica monetaria “sarà suscettibile di ridare speranza al Paese”. Infatti, sottolinea l’Osservatorio, “la decisione della Bce di lanciare un programma di acquisto di titoli sovrani che prevede l’acquisto condizionato del debito italiano potrebbe contribuire ad un calo dei tassi che alleggerirà gli interessi sul debito pubblico e dovrebbe permettere al Paese di rivedere al ribasso il suo piano di austerity. Nel caso contrario l’Italia dovrà registrare ancora due anni di recessione”.
Anche per quanto riguarda la situazione sul mercato del lavoro le prospettive sono abbastanza fosche. “La forte crescita della popolazione attiva da metà 2011, legata alla riforma delle pensioni (+3% a livello tendenziale nel secondo trimestre), combinato ad un mercato del lavoro che manca di dinamicità ha contribuito alla forte progressione della disoccupazione, con 700.000 disoccupati in più in un anno: una disoccupazione che tocca particolarmente i giovani”. Se per il 2012 salirà al 10,7%, l’Ofce stima un tasso di disoccupazione all’11,6% nel 2013.
Il calo dell’occupazione, osserva il centro di ricerca, “non ha permesso alla produttività di aumentare a causa del calo più forte del valore aggiunto (-4% nell’industria nel primo trimestre del 2012 a livello tendenziale). Il tasso di profitto delle aziende italiane ha raggiunto un punto minimo nel primo trimestre del 2012 mentre il tasso di investimento è tornato al suo livello del 2009. L’indice della produzione industriale ha proseguito il suo calo mentre il tasso di utilizzo delle capacità stagna da fine 2011 intorno al 70%. Il settore delle costruzioni è il settore principalmente colpito: l’indice di produzione è tornato ai livelli del 1999”.
L’Osservatorio prevede quindi “un deterioramento della produttività e un proseguimento del calo del tasso di investimento produttivo” a causa della debolezza della domanda interna e estera. Per quanto riguarda il commercio estero, le importazioni a fine 2012 e nel 2013, “dovrebbero continuare a calare mentre le esportazioni nette dovrebbero attenuare la recessione. Sono essenzialmente i Paesi emergenti che contribuiranno alla crescita (14% dell’export italiano). I Paesi della zona euro (56% dell’export) essendo colpiti anche loro dal calo della domanda interna e sottoposti al risanamento dei conti pubblici”. A queste condizioni è naturale conseguenza che le famiglie contrarranno ancora i consumi: per fine anno l’Ofce prevede un calo del 3,4% nel 2012 e del 2,1% nel 2013.