Qualche problema a rompere il fiato il ragazzo più anziano d’Italia ce l’ha. La sua partita per le primarie nel Pd si gioca tutta sulla via Emilia, la strada che Pier Luigi Bersani conosce meglio. Non sappiamo se la polemica sulle isole Cayman possa disturbarlo, ma ieri, quando ha detto che bisogna parlare anche con chi ha fondi d’investimento registrati nei paradisi fiscali, la platea è rimasta qualche secondo ammutolita. Ha avuto difficoltà a interpretarlo, forse nemmeno Berlusconi, che di fisco e paradisi se ne intende, l’avrebbe detta così: “Non so nemmeno dove siano le Cayman, ma se voglio governare il paese devo parlare con la finanza, anche con quella finanza. Spetta alla politica dargli regole”.
Ma il sogno rottamatore di qualche soldino ha bisogno, e poter escludere tutti gli imprenditori dalla corsa farebbe di Renzi uno sconfitto in partenza. Bersani ha un sistema che passa da quelle corazzate sfuggevoli che sono le coop rosse, Renzi no. E vale la pena lisciarli, anche a costo dei silenzi. Sarà stata anche la pressione, perché la giornata di ieri per il sindaco di Firenze è stata la prova del nove: dalla città conquistata dal Movimento 5 stelle, Parma, fino a Piacenza, casa Bersani che bersaniana non è per nulla. E’ qui che il ragazzo in camicia bianca e jeans siglati “M.R. può giocarsi la partita. Due piazze difficili e, alla fine, determinanti. Ad accoglierlo a Piacenza, in un teatro pieno murato è addirittura il sindaco Paolo Dosi, senza fascia tricolore, ma in veste ufficiale. Una vittoria in casa di Bersani, che probabilmente brucia più delle altre. “Essere qui a casa del mio leader è particolarmente bello”, esordisce Matteo Renzi e non è Pierluigi Bersani il leader di cui parla, ma Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza e vero padrone di casa. E poi in un attimo ricomincia il ritornello della rottamazione: “Noi non siamo qui per una poltrona, ci stiamo mettendo in gioco perché pensiamo che la politica sia una cosa bella. La partecipazione è il primo antidoto dell’antipolitica. Io non vi chiedo il voto, ma di appassionarvi, essere curiosi e andare a vedere il mio programma e vedrete che io parlo di cose concrete. I politici sono i depositari dei sogni delle persone”.
E sarà la concretezza, ma Renzi il tutto esaurito l’ha fatto. Con parcheggi pieni e persone in piedi ad ascoltare. Sono curiosi, ma anche coraggiosi nell’Emilia dove presentarsi al comizio del sindaco fiorentino è quasi fare outing, ammettere che si lascia la linea ufficiale del Pd, quella sicura e certa, quella ortodossa e che tradire “mai”, non lì nella provincia emiliana. La processione lungo la via Emilia comincia in mattinata a Sassuolo. Poi strette di mano, abbracci e sorrisi e via in groppa al suo camper verso la prossima città. Poi è la volta di Parma, la fossa dei grillini: e Renzi a Parma riempie un cinema e una piazza intera dove il suo discorso è proiettato in maxi schermo. Finisce a Piacenza, la terra di Bersani, ma anche di Roberto Reggi, il portavoce della campagna elettorale ed ex sindaco della città. Tante tappe, un unico format, ma soprattutto un unico regista: Giorgio Gori, il primo ad arrivare con il suo Suv bianco e l’ultimo a partire.
Cinque comizi, nove ore e più di 250 chilometri. La processione lungo la via Emilia è tutta strette di mano, abbracci e sorrisi e via in groppa al suo camper verso la prossima città. Reggio Emilia è la tappa del post pranzo e ad ospitare Renzi è la Fonderia Ex Lombardini. “Un luogo che ricorda gli operai delle officine”. Gli organizzatori cercano di richiamare la tradizione operaia della rossa Reggio, ma il luogo è quello sbagliato, sede della Fondazione Aterballetto, arte allo stato puro, ma molto più “snob” del poco distante Campovolo, casa della Festa dell’Unità da generazioni. Nessuna sede di partito, nessuna piazza ai partigiani, nessun ricordo di militanza e ancora una volta, poche bandiere del Pd. A Reggio Emilia, in piedi in un angolo c’è Graziano Delrio, il sindaco e presidente Anci, a cui vanno i saluti e la consacrazione ufficiale. È il bastione renziano in una città sempre fedele ai burocrati di partito. Incassato anche quel sostegno, girare con il camper per le strade cantate dagli Offlaga Disco Pax, quelle di via Stalingrado e piazza Lenin fa meno paura.
“Così tanti mai, avremmo pensato”, dicono i passanti, quelli che fingono di esserci arrivati per caso. Finisce a Piacenza in un bagno di folla che in pochi si aspettavano. E di un tour che sembra un successo anche nella rossa Emilia, colpiscono le facce attempate, i capelli bianchi e i dirigenti che comunque una certa età non possono nasconderla. Quasi che i giovani rottamatori fossero gli esperti burocrati, o militanti del prima in cerca di una seconda chance.
di Emiliano Liuzzi e Martina Castigliani