Insieme a Rocco Antonio Baglio, in cella per violenza ed estorsione, fermati anche Salvatore Guarda e Marcello Limongelli. Baglio è anche indagato, e a piede libero, per corruzione negli appalti ottenuti con l'amministrazione dell'ex sindaco del paese modenese, Luigi Ralenti
Un gruppo criminale legato alla ‘ndrangheta che era in grado di seminare il terrore tra gli imprenditori e al contempo di fagocitare appalti pubblici per 2 milioni e 700 mila euro a Serramazzoni, Comune dell’Appennino modenese sciolto nel luglio scorso dopo le dimissioni della Giunta. E’ quanto emerge nell’inchiesta del pm Claudia Natalini e della Guardia di Finanza che stamattina ha portato all’arresto di Rocco Antonio Baglio, ex soggiornante obbligato di Gioia Tauro, e dei conterranei Salvatore Guarda e Marcello Limongelli.
Dunque non solo la Lombardia di centrodestra, dove la settimana scorsa è finito in manette per voto di scambio l’assessore regionale alla Casa Domenico Zambetti, ma anche l’Emilia rossa subisce una penetrazione mafiosa non priva di sponde politiche. Gli inquirenti modenesi non contestano l’aggravante dell’articolo 7 ai tre arrestati per associazione a delinquere finalizzata a vari reati, dall’estorsione all’incendio alla turbata libertà degli incanti, ma sottolineano come “le metodologie utilizzate dall’organizzazione erano quelle tipiche di stampo ‘ndranghetista, particolarmente efficaci e convincenti”. Il quadro ricostruito nell’ordinanza di custodia cautelare è composto da uno stillicidio di episodi: dalle minacce di provocare risse nei night club che non pagavano il pizzo all’invio della testa di un capretto adagiata lungo le scale di uno studio immobiliare che aveva osato sfidare gli interessi del sistema, da otto bossoli in busta chiusa di avvertimento per uno sgarro all’incendio dell’abitazione di un costruttore.
Le azioni, si legge nelle carte giudiziarie, erano finalizzate a “scoraggiare la partecipazione di eventuali altre imprese alle procedure di assegnazione degli appalti o subappalti ovvero indurre i funzionari pubblici che ricoprivano un ruolo centrale nell’aggiudicazione di un appalto a seguire le indicazioni dell’organizzazione” e ad estorcere denaro. Oltre alla tradizionale garanzia di protezione, c’era “la corresponsione forzata di somme di denaro da altri imprenditori, ritenuti responsabili per non essersi sufficientemente adeguati nell’ambito delle trattative commerciali intercorse con la società riconducibile all’organizzazione criminale”. Al contrario, chi si adeguava entrando a far parte del sodalizio, otteneva “non solo la condivisione degli utili in tal modo illecitamente conseguiti, ma anche il loro appoggio nella risoluzione di controversie di varia natura in cui risultavano coinvolti i soggetti collusi”. I legami col potere politico-amministrativo sono definiti “relazioni e cointeressenze con alcuni soggetti posti in posizione di rilievo” nel Comune di Serramazzoni, “con la finalità di ottenere agevolazioni e la garanzia di un trattamento privilegiato nella gestione delle procedure di evidenza pubblica”.
Gli arrestati erano abili ad eludere le indagini, parlando in aperta campagna e utilizzando un linguaggio criptico nelle telefonate. In alcune intercettazioni i riferimenti alla “capra” alludono al compenso da versare. La lunga e delicata inchiesta, un unicum in Emilia Romagna, è partita nella primavera del 2011 da presunte irregolarità nell’affidamento dei lavori di restyling dello stadio a ditte riconducibili a Rocco Baglio. L’opera pubblica firmata dalla controllata comunale ‘Serramazzoni patrimonio’ era stata assegnata con la formula in project financing al costo di un milione e 100 mila euro. In particolare l’ex soggiornante obbligato reggino considerato vicino alla cosca Longo Versace, ora agli arresti con l’accusa di aver incendiato la villa del costruttore rivale Giordano Galli Gibertini, è poi indagato a piede libero per corruzione e turbata libertà di scelta del contraente assieme a Luigi Ralenti, immobiliarista e sindaco del Pd dal 2002 sino alle elezioni dello scorso maggio.
La sostituta Sabina Fornari, già assessore all’Urbanistica poi passata ad una lista civica nel tentativo di proporsi come il “rinnovamento”, si dimette neppure due mesi dopo. Per lei, il mentore Ralenti, la moglie di quest’ultimo Rosanna Bonfiglioli e il capo dell’ufficio urbanistica Enrico Tagliazucchi la Procura di Modena ipotizza l’associazione a delinquere finalizzata a concussione, abuso d’ufficio ed edilizio. Nelle campagne di San Dalmazio in settembre il Corpo Forestale dello Stato, che su delega del pm Natalini spulcia tra migliaia di atti amministrativi nella sede del Comune commissariato, sequestra 40 appartamenti costruiti dall’imprenditore di Guiglia Remo Uccellari, due dei quali acquistati da parenti della Fornari. La lottizzazione senza variante al piano regolatore era avvenuta per effetto di alcune compensazioni, previste dal piano urbano, come il campetto da calcio e l’ambulatorio della frazione. Tutti professano la loro innocenza. Ralenti in particolare non ha mai negato gli incontri con Baglio, peraltro documentati dalla Guardia di Finanza, ma li definisce “normali colloqui istituzionali, parlavamo di tutto, non degli appalti”.